Il
Woodoo e la religione animista dell'Africa occidentale
Le Ragazze di Benin
City, vittime di tratta, costrette a prostituirsi, vengono
sottoposte a rituali woodoo "juju". Abbiamo scritto
una serie di articoli per capire e far capire che cosa è il
woodoo, la "religione" più antica del mondo.
Una ragazza sottoposta a un rito "juju"
non deve mai denunciare i suoi sfruttatori, deve pagare il debito
di viaggio, deve obbedire alla sua "mamam". Per chi
trasgredisce la morte, sua o dei suoi familiari, disgrazia e
maleficio.
Origini, rapporti con la
Chiesa, il woodoo nella vita degli africani "animisti",
l'uso distorto dei rituali a fini di sottomissione, il woodoo e le
ragazze nigeriane vittime di tratta, il culto di Mami Wata.
Vasta
operazione della polizia di Stato di Teramo denominata "The
Travelers". Arrestati otto nigeriani, uno è ricercato.
In meno di un anno oltre cento viaggi per portare il denaro frutto
dello sfruttamento della prostituzione in Nigeria. 7,5 i
milioni di euro riciclati.
Mafia
nigeriana, sistema nazionale di riciclaggio e prostituzione
La Polizia di Stato di Teramo ha eseguito
una vasta operazione, denominata "The Travelers",
nei confronti di cittadini nigeriani accusati a vario titolo di
associazione a delinquere finalizzata alla commissione
dell'illecita intermediazione finanziaria, auto-riciclaggio e
riciclaggio tras-nazionale, tratta di esseri umani e sfruttamento
della prostituzione.
Le indagini degli investigatori della
Squadra mobile con la collaborazione del Reparto prevenzione
crimine "Abruzzo" di Pescara e delle Squadre mobili di
Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, coordinate dalla Direzione
distrettuale antimafia dell'Aquila, hanno accertato "l'esistenza
di un'associazione a delinquere, con basi operative nelle
province di Teramo, Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, composta
tutta da cittadini nigeriani dedita al riciclaggio ed
all'auto-riciclaggio verso la Nigeria, attraverso viaggi in
aereo, di ingenti somme di denaro, abilmente occultate
all'interno dei bagagli al seguito, provenienti dallo
sfruttamento sessuale di giovani nigeriane e da ulteriori
attività illecite"
Dall'inchiesta è emersa l'esistenza di "un
sistema capillarmente diffuso su tutto il territorio nazionale
che costituisce un meccanismo strutturato e transazionale di
raccolta del risparmio o di riciclaggio ed auto-riciclaggio
attraverso il meccanismo dell'hawala"
"Hawala",
un sistema per inviare denaro che non lascia tracce
L’illecito trasporto di denaro veniva
svolto dietro un compenso pari ad una percentuale della somma che
il committente vuole far recapitare in Nigeria, percentuale che
diminuisce al crescere della somma consegnata. Si è accertato
come il denaro che il committente vuole far arrivare in Nigeria
viene anticipato al destinatario su base fiduciaria dall’havaladar,
che si trova in Nigeria, e che ne rientrerà in possesso solo dopo
che l’havaladar, che opera in Italia, gli porterà
fisicamente il denaro raccolto in questo paese dagli ordinanti.
Nello specifico all'interno della
predetta associazione criminale alcuni dei membri svolgono il
ruolo di collettori ossia di coloro che ricevono dai committenti
dapprima l’incarico (principalmente tramite contatto telefonico
o sms) e poi materialmente il denaro che si intende inviare
in Nigeria. Il collettore successivamente, anche a brevissima
distanza di tempo (generalmente tramite sms o messaggio
whatsapp) fornisce al committente un codice
identificativo numerico o alfa numerico che servirà al
destinatario in Nigeria per poter ritirare subito il denaro (in
“naira”, valuta nigeriana) dal corrispondente in
Nigeria dell’associazione.
Vi sono poi membri dell’associazione con lo
specifico ruolo di corrieri, ossia di coloro che provvedono
a ritirare materialmente le somme di denaro consegnate dai
committenti per il loro trasporto in Nigeria con viaggi aerei.
Tale denaro, una volta giunti a destinazione viene consegnato al
gestore dell’Ufficio in Nigeria (gestito da un familiare o da
un fiduciario) che si è occupato della preventiva consegna
al destinatario.
In
Nigeria non solo il denaro derivante dallo sfruttamento della
prostituzione, ma un vero e proprio business al servizio della
comunità nigeriana
Gli appartenenti al sodalizio trasportano
abitualmente in Nigeria, sempre per via aerea, non solo il denaro
frutto dello sfruttamento sessuale, ma anche somme di denaro (di
provenienza più o meno illecita) consegnato loro da numerosi
connazionali, dimoranti nelle Marche ed in Abruzzo, il tutto
in violazione delle norme in materia di raccolta del risparmio e
di intermediazione finanziaria. Il meccanismo è
consolidato su scala nazionale e comporta il trasferimento
illecito di imponenti somme dall'Italia verso la Nigeria.
Solo nel corso dei controlli effettuati con la
collaborazione della Polizia di Frontiera e dell’Ufficio delle
Dogane presso l’aeroporto di Fiumicino, sui “corrieri”
dell’associazione prima che si imbarcassero per voli diretti in
Nigeria, gli stessi sono stati trovati in possesso di oltre 400.000
euro. Nel corso dell’indagine (meno di un anno)
i corrieri indagati si sono complessivamente recati in Nigeria
circa 100 volte per trasportare illecitamente i soldi
consegnatigli dai committenti ne consegue che secondo una
stima indicativa la somma illecitamente trasportata in Nigeria
corrisponde a 7 milioni 500 mila euro.
Proporzionando queste cifre al fenomeno
nazionale si ricava un flusso impressionante di denaro (in
parte proveniente dallo sfruttamento sessuale delle giovani
donne vittime di tratta, ma anche da altri gravi reati posti in
essere da tali sodalizi) che viene trasferito in Nigeria al
di fuori dei canali finanziari tradizionali per essere poi immesso
nel paese africano in circuiti bancari locali per giungere, ormai
ripulito, nelle mani delle organizzazioni criminali che li
utilizzeranno per successive attività illecite o per investimenti
"leciti"
Gli
arresti
Degli otto arrestati due stavano per
imbarcarsi a Roma Fiumicino su un volo per tornare in Nigeria, un
terzo complice è stato bloccato sull'autostrada A24, al casello di
Teramo, Una delle persone sottoposte a custodia cautelare si è
resa irreperibile e ora è attivamente ricercata su tutto il
territorio nazionale.
Sono dunque otto su nove le misure di
custodia cautelare in carcere eseguite per associazione a
delinquere eseguite fra Marche e Abruzzo dalla Squadra mobile di
Teramo nell'ambito dell'operazione coordinata dalla DDA
dell'Aquila. Gli arrestati sono 4 uomini e 4 donne fra i 24 e
i 42 anni. Sono accusati di far parte di un'organizzazione
specializzata nell'illecita intermediazione finanziaria, auto-riciclaggio
e riciclaggio transnazionale e nella tratta di esseri
umani, in particolare di connazionali da sfruttare
sessualmente in Italia.
Facendo la spola in aereo tra l'Italia e la
Nigeria, i componenti della banda trasportavano non solo il
denaro ricavato dalla prostituzione, ma anche somme consegnate da
connazionali che si erano trasferiti nelle Marche e in Abruzzo.
Le banconote in mazzette arrotolate venivano
nascoste nelle valige. I 'corrieri' finiti nei
controlli all'aeroporto di Fiumicino sono stati trovati in
possesso di oltre 400mila euro e, in totale, in meno di
un anno, erano tornati in Nigeria almeno un centinaio di volte per
trasportare illecitamente il denaro.
Si stima che il denaro contante trasportato
illecitamente in Nigeria abbia raggiunto la ragguardevole somma di
sette milioni e mezzo di euro in meno di un anno
Diverse
operazioni delle unità investigative venete hanno dimostrato
quello che, ormai da anni, è un fenomeno criminoso
diffuso in modo capillare, traffico di droga e di esseri umani, oltre a
sfruttamento della prostituzione, sono le attività della "piovra nera" che a Verona ha una delle sue roccaforti.
Verona,
una delle roccaforti della Mafia Nigeriana in Italia
A
inizio estate erano stati fermati in stazione a Vicenza una decina di
nigeriani. Avevano 15 chili di
marijuana e in tasca una richiesta di asilo. Destinazione della droga
una tra le
tante insopettabili basi di spaccio in città. Provenienza
ignota, forse la vicina Verona, la roccaforte della cult Eiye, che ha
il controllo del Veneto.
La
piovra nera
Solo un mese fa l'ultimo colpo assestato
alla mafia nigeriana in una più ampia operazione coordinata
dalla procura di Torino che ha visto l'arresto di una trentina di
affiliati in diverse città del nord e del centro Italia. In
quella operazione a Verona furono arrestati due "capi" del clan dei
Maphite.
Ma, come sanno gli inquirenti, si tratta di
una piccola goccia nel vasto mare criminale
che è sotto il controllo di questa organizzazione altamente
verticistica, violenta e senza scrupoli, che negli ultimi 30 anni si
è andata sempre più rafforzando in alcuni paesi
europei (ma anche oltre
oceano), Paesi
Bassi, Regno
Unito, Francia,
Germania, Spagna,
Belgio, e
ovviamente l'Italia.
Le mani dei boss, che
risiedono nei Paesi d'origine, quindi Nigeria, Benin e Ghana,
gestiscono miliardi di euro, frutto del traffico di droga e di esseri
umani e dello sfruttamento della prostituzione.
A
Vicenza
Il
capoluogo berico non
è tra le città venete a più
alta infiltrazione, che
in Veneto si possono identificare in Verona, Padova e Venezia
ma, rileggendo le cronache degli ultimi 10 anni, non può non
saltare agli occhi come la perecentuale di arresti e fermi tra la
comunità nigeriana residente in città sia un dato
di fatto importante.
Da quando emerge, la presenza della mafia
nigeriana a Vicenza,
è legata ai gradini più bassi della struttura,
dove il "criminale"
è spesso anche "vittima".
Dal
barcone alle bici
I
piccoli spacciatori nigeriani vengono spesso assoldati nei centri di
accoglienza, la mafia del loro paese sembra quasi essere
l'unica certezza in terra straniera. L'arruolamento può
avvenire anche nei cosiddetti "lager
libici" dove numerosi testimoni hanno riferito che tra i
più feroci aguzzini ci sono moltissimi uomini nigeriani,
oltre ai miliziani locali. Il "responsabile"
smista letteralmente i migranti arrivati in Italia con i barconi nelle
varie città della rete e dà loro un contatto
sicuro.
Si
tratta di una
persona già da tempo in Italia, quasi sempre
con regolare permesso di soggiorno e "insospettabile" Le ragazze vengono
indirizzate alle "mamam"
che le hanno fatte arrivare in Italia e saranno sfruttate sessualmente,
mentre i ragazzi appena arrivati vengono consegnati ai "boys" o capi-zona e sono
destianati a diventari spacciatori o corrieri della droga.
Probabilmente è da un
appartenente a quest'ultima tipologia che si stavano recando i due
arrestati di due giorni fa alla stazione di Verona. Mentre è
solo di qualche settimana fa l'arresto, sempre nel veronese, di un
31enne nigeriano trovato in casa oltre 10 chili di marijuana, sulla
quale la mafia nigeriana
ha praticamente il monopolio, occupandosi sia della produzione che
della
spedizione via nave. In
questi lindi appartamenti avviene il
confezionamento della sostanza e ha il via la micro-rete di pony
express in bicicletta nelle diverse città venete.
Woodoo,
stupri e sfruttamento della prostituzione
Diverso
e assolutamente più drammatico quanto emerge sulla
condizione delle donne. Reclutate nei villaggi di origine,
oltre a dover subire molteplici violenze sessuali nel calvario fino
alla Libia, vengono spesso utilizzate come "ovulatrici" al
momento dell'imbarco (oltre
alla Nigeria, anche la Libia è punto di partenza della droga),
per poi subire lo sfruttamento lungo le strade italiane.
Chi
ce la fa può diventare "mamam",
e passare da
vittima a carnefice,
salendo la sanguinosa piramide criminale della piovra nera. A Vicenza
ne fu arrestata una, con altri sodali, ma, nonostante gli sforzi
investigativi dei carabinieri, il giudice non li condannò
per associazione mafiosa.
Tutti
sono tenuti sotto lo strettissimo
controllo dei vertici dell'organizzazione tramite
l'attuazione di violente pratiche che si
ispirano al woodoo e con minacce reali di ritorsioni nei confronti dei
familiari rimasti in patria. Questo aspetto, emerso in numerosi
rapporti investigativi europei, è stato confermato dalle
drammatiche testimonianze dei primi pentiti.
Gli
accordi
Una simile infiltrazione in un territorio
come quello italiano dove la criminalità organizzata
è tradizionalmente autoctona non può che essere
spiegata con dei veri e propri accordi commerciali con l'organizzazione
che comanda nelle aree dove la mafia nigeriana vuole fare affari. Rimanendo nel vicentino e nel
veronese, la
controparte non può che essere stata la 'ndrangheta,
responsabile del traffico di droga nel Veneto nord-occidentale ma, ad
oggi, questa sfera resta ancora avvolta nel buio.
Un falso contratto di lavoro a
Dubai dietro al quale si nasconde il commercio peggiore.
Ecco come le ragazze già costrette a vendersi in italia
vengono ingannate di nuovo. Con il sogno di sottrarsi al marciapiede.
Dalla prostituzione al traffico
di organi,
Si allarga il business della Mafia Nigeriana
Le
ragazze nigeriane sono l’80
per cento delle vittime dello sfruttamento sessuale in Italia,
fenomeno
che interessa in totale tra le 30 e le 50 mila donne. E il decreto
sicurezza voluto da Matteo Salvini rende più vulnerabile chi
è arrivata negli anni scorsi, in particolare le
vittime di
tratta. Mentre si fanno
largo fenomeni di sfruttamento nello
sfruttamento. sempre più difficili da
combattere e segnali
allarmanti di come il fenomeno stia cambiando, in peggio. Ad esempio,
ormai ci sono tratte dentro la tratta: donne ingannate più
volte, passate di paese in paese, scomparse e spesso uccise: circa 500
in Italia negli ultimi 20 anni.
Quello che accade dentro la rete fittissima
e autoreferenziale che è la comunità nigeriana,
in cui i legami sono una protezione ma anche una trappola, in cui tutti
conoscono tutti e se un destino è deciso nessuno tenta di
cambiarlo, a volte emerge grazie a donne coraggiose come Isoke, Maris
Davis, Grace,
Nadine, Blessing e tante
altre che hanno visto la neve
per la prima volta in Italia più di venti anni fa. Oggi come
allora le cose NON sono cambiate, poco hanno fatto le
istituzioni per
contrastare il fenomeno, tanto ha fatto la mafia nigeriana che ha
affinato le armi e si è intrufolata nel territorio italiano
in modo ancora più capillare. Rispetto a 20 anni fa, ai
tempi di Isoke, Maris Davis, Grace, Nadine, le cose sono peggiorate.
Appena arrivate, accanto al fuoco, semi
svestite, non si capacitavano di essere cadute nella trappola della
tratta. Ribellarsi è costato molto, pestaggi, tentativi di
essere uccise e per Maris
Davis anche un rapimento
cruento che l'ha
portata in Spagna dove è rimasta segregata per 4 anni, come
racconta lei stessa nel libro "Parlo di me"
«Come siete arrivate qui, possono
ingannarvi ancora e portarvi altrove, non accettate nulla»,
ripetono a tutte. Perché il destino può essere
ancora peggiore della schiavitù e della prostituzione: e si
chiama traffico di organi.
Per
le donne vittime di tratta le cose sono
peggiorate ancora di più con l'entrata in vigore dei due
decreti sicurezza voluti da Salvini. È stata
smantellata
tutta quella rete di protezione sociale così faticosamente
costruita negli anni. Un colpo al Cuore per tutte quelle ragazze
nigeriane che con fatica e tanta sofferenza avevano denunciato i loro
aguzzini e che ora rischiano di ritornare dentro al vortice della
schiavitù sessuale.
Il
trucco dei falsi fidanzati
«A Verona una ragazza nigeriana
ci ha mostrato un contratto di assunzione per un lavoro a Dubai,
ottenuto tramite il fidanzato. Un contratto come quello non ti fa
dubitare, ci credi sempre». Dietro
però, spesso,
si nasconde il traffico peggiore: quando si ricevono queste
opportunità allettanti, addirittura con contratto firmato,
c’è dietro una rete criminale transnazionale
attiva da tempo, ma che negli ultimi cinque anni è emersa
con forza: «Questi
falsi fidanzati conquistano la loro
fiducia, dicono alla ragazza “tu sei sveglia, cosa fai qui in
attesa, c’è questa
possibilità”»
Arriva
il contratto e le giovani donne
vengono spedite nel Golfo, di solito a Dubai, Gibuti ed
Emirati. Ai
“fidanzati”,
contemporaneamente, arrivano i soldi
tramite money transfer o su carte ricaricabili. «Delle
ragazze poi non si sa più nulla»,
dietro
c'è il racket del traffico di organi: «In quei
paesi operano medici cinesi, stando a quello che ci hanno detto, non
arabi. Magari loro fanno i broker, ma chi fa le operazioni è
asiatico». Il fenomeno delle
sparizioni e in generale della
tratta, riguarda anche i minori.
«Qualche anno fa collaborai con i
Carabinieri del Ros all'indagine per il ritrovamento di un bambino
africano nel Tamigi, a Londra, privato di tutti gli organi. Non era
chiaro se fosse per qualche rito o altro. Con Esther Ekanem, anche lei
nigeriana, che da Londra si occupa di tratta di esseri umani, ci siamo
subito attivate. Lei stava indagando sulla tratta delle donne sfruttate
per fare figli destinati alla vendita, alle adozioni illegali, ma non
si nasconde che i bambini servano per più scopi»
Joseph
Chidiebere Osuigwe, avvocato e
direttore del Devatop
Centre for Africa Development in Nigeria,
conferma che la mafia nigeriana ha ormai un ruolo di primo piano in
questo traffico, annidato dentro la tratta tradizionale per lo
sfruttamento sessuale o lavorativo che dalla Nigeria, anche attraverso
il Mediterraneo, si indirizza verso tre continenti.
È
un commercio fiorente
perché raddoppia il guadagno del trafficante
che costringe
le vittime, donne, giovani e capifamiglia attratti da un lavoro
all'estero, a
vendere un organo per saldare il proprio debito: pagano
lui con la vendita di un rene, il quale poi riceve soldi anche dal
broker. «Le
vittime, al netto dei casi di rapimento o
convinte da qualcuno di necessitare di un’operazione, vendono
a partire da 1.500 dollari, ignare dei 50 mila che guadagna
l’organizzazione e dei 128.500 di base che i ricchi pazienti
danno alle gang per un rene»
«Questo commercio in Nigeria
è tra le forme allargate di sfruttamento degli ultimi dieci
anni, insieme a schiavitù domestica, matrimoni
forzati,
traffico di minori attraverso gli orfanotrofi o il lavoro di
apprendistato, i bambini soldato, il traffico per scopi rituali. Siamo
a conoscenza di casi avvenuti in India, Malesia e Dubai che coinvolgono
cittadini nigeriani, la mia organizzazione ha ricevuto due segnalazioni
di rimozione illegale di organi di due nigeriani in India»,
spiega Osuigwe.
Doppio
inganno
L’eventualità che la
tratta finalizzata al traffico d’organi coinvolga anche
l’Italia non è, allo stato, suffragata da prove
giudiziarie. Don Carmine Schiavone, direttore della Caritas diocesana
di Aversa e referente regionale Caritas per l’immigrazione,
ha rilasciato però un’intervista al sito Vatican
News dicendo che «una
delle ragazze a ottobre scorso ha
cominciato a raccontare di questo commercio, rivelando che alcuni amici
suoi, per arrivare in Italia, hanno dovuto dare un rene, alcuni la
cornea»
Sotto
osservazione poi è il
litorale di Castel Volturno, dove sono noti i rapporti tra
la mafia
nigeriana e la camorra. Va detto però che difficilmente
può svilupparsi un traffico d’organi
“interno”
al nostro Paese: per un trapianto servono
strutture ospedaliere complici e molto vicine al luogo in cui
l’organo viene espiantato. Il problema, da noi, sono invece
le ragazze nigeriane già in Italia che per
sottrarsi alla
prostituzione accettano le improbabili “offerte di
lavoro” in Paesi dove il traffico
d’organi non
è una leggenda metropolitana ma è stato provato,
come appunto l’India e i Paesi del Golfo. Ingannate una volta
per farle venire in Italia e una seconda volta per portarle via dal
nostro Paese, verso un destino ancora peggiore.
Nel
2018 sono arrivati in Italia solo 1.250
migranti nigeriani, ma aumentano gli adescamenti di chi
è
già presente da tempo in Europa. Mentre la crescente
instabilità libica e la politica dei “porti
chiusi” hanno trasformato le rotte: si rafforza
quella
Nigeria-Mali-Spagna mentre è storico il legame diretto tra
la Nigeria e i Paesi del Golfo Persico.
«Nel 2014 sono arrivate in Italia
circa 2.400 ragazze. 5.600 nel 2015 e nel 2016 erano 11
mila», spiega Anna Pozzi, giornalista e studiosa
esperta di
tratta. Col tempo è diminuita l’età
delle ragazze, minorenni che spesso non si dichiaravano tali per
evitare di essere inserite in strutture protette, con
scolarità bassa se non analfabete.
Secondo
il rapporto di ActionAid pubblicato
ad aprile sulla base di 60 verbali di vittime di tratta presentati
presso la Commissione territoriale di Roma tra il 2016 e il 2017, il
decreto Sicurezza colpirebbe soprattutto loro: stabilendo
il rigetto
della richiesta di asilo avanzata da chi ha in esecuzione
già un provvedimento di espulsione, queste non hanno la
possibilità di presentare nuove richieste e non
c’è il tempo di indagare sulle loro storie di
sfruttamento.
Il
decreto inoltre non solo abroga il
permesso di soggiorno per motivi umanitari prima concesso
anche in
ragione delle violenze subìte nei Paesi di transito, ma i
richiedenti asilo e i beneficiari di protezione umanitaria non accedono
più al sistema ex Sprar (ora solo per titolari di status
di
rifugiato o protezione sussidiaria e minori non accompagnati)
ma ai
Centri ordinari, Cas e Cara: affollati, privi di personale qualificato
e programmi di inclusione. L’eliminazione
dell’obbligo di denuncia da parte della vittima di tratta per
ottenere il permesso di soggiorno depotenzia anche l’articolo
18 del Testo Unico sull'Immigrazione che prima le tutelava.
L'incrocio
con la religione
Una
sera scaricano Gioia da
un’auto davanti alla porta della Caritas di Aversa.
La
accolgono, non ha documenti, non parla. Se la ricordano a fissare il
muro, con le braccia appoggiate su un tavolo per interi pomeriggi.
«Quando ha
ricominciato a parlare abbiamo capito che era
molto confusa. Aveva bisogno di un supporto psicologico importante.
Ovunque mi incrociasse, voleva per forza una benedizione»,
dice don Carmine Schiavone. Con suor Rita Giarretta delle Orsoline del
Sacro Cuore di Maria, fondatrice di Casa
Rut, Schiavone svolge la sua
pastorale in una delle «periferie
del mondo»: la
strada. «Un
giorno ha detto di aver conosciuto un pastore, un
reverendo: aveva un numero che chiamava in continuazione
perché adesso poteva stare finalmente bene, diceva. Una
mattina è uscita e nessuno l’ha più
vista»
I
sedicenti “pastori”
religiosi sono tra le più insidiose pedine della tratta.
Alcuni sfruttano direttamente ragazze e ragazzi, altri li mettono in
mano ai trafficanti. Case di preghiera delle Chiese pentecostali
africane sono presenti sul litorale Domizio e a Castel Volturno,
l’enclave dei clan mafiosi nigeriani che gestiscono, dentro
una comunità di 25 mila nigeriani e ghanesi, arrivi,
traffico di droga e prostituzione.
Certi leader spirituali organizzano momenti
di preghiera per la “liberazione”.
I migranti
raccontano che non ottenere il permesso di soggiorno è un
maleficio e loro si offrono di toglierlo a pagamento. «Ce
n’è uno considerato potente e allora, quando
arriva, molti nigeriani si riversano lì anche da altre parti
di’Italia. Vende braccialetti con la scritta Holy ghost
fire», spiega Blessing Okoedion nel libro in cui
racconta la
sua storia.
L’intreccio tra religione
cristiana, business e il rito ju-ju,
che lega le ragazze ai propri
sfruttatori, è un capitolo anche della sua storia personale.
«Alice
è stata molto furba, mi ha ingannata
facendosi passare per una donna di Chiesa. Faceva di tutto per
mostrarsi molto pia e devota ma non si è fatta scrupolo a
raggirarmi e trafficarmi»
Blessing
ha 33 anni ed ha appena superato
l’esame di maturità in Italia: «Ho preso
64», racconta. Laureata in informatica, assembla
e ripara
computer a Benin City quando incontra una donna che le propone di
trasferirsi a Napoli per lavorare nel nuovo negozio del fratello.
Quando arriva a Castel Volturno però si ritrova una
“mamam”
che le spiega di accettare anche 15, 10
euro e di non rifiutare nessuno. Era il marzo 2013. Oggi lavora come
interprete e mediatrice culturale e la sua nuova vita la deve alla
Polizia e a Casa
Rut, che negli anni di ragazze ne ha accolte
500,
più 80 bambini.
Alcune lavorano nella cooperativa NewHope:
accessori fatti con stoffe africane e negozio nella più
bella via di Caserta, perché «la
dignità si restituisce con la bellezza. Non le facciamo
sentire delle bisognose, ma persone in grado di farsi valere per quello
che sono, che pensano con la propria testa» dice
suor Rita.
«Si tollerano le ragazze anche in
zone centrali», dice don Carmine. «Lo stiamo
notando anche dalla geografia delle abitazioni da cui partono e
rientrano». La
Caritas di Caserta le va a trovare in strada.
Alle 20 parte l’auto con lui in tonaca e i volontari. Si
chiede il permesso prima di scendere, e se c’è, ci
si stringe la mano, sono festose. «Chiedo di potermi sedere
con loro, poi iniziamo a parlare bevendo cioccolata o il tè
caldo che abbiamo portato, o regaliamo loro una rosa».
Solo
dopo varie visite escono le loro storie. L’importante
è non essere invadenti, non chiedere, meritare la loro
fiducia. «Parlando,
emerge che vivono in condizioni pietose.
Poi arriva la telefonata di chi le controlla»,
racconta don
Carmine. Quando qualche auto passa con insistenza vuol dire che il
tempo è scaduto: si prega tutti insieme, benedizione e si
risale in auto. Certe sere le ragazze sono più felici di
altre: «Stasera
gioca il Napoli». Vuol dire che per
strada i clienti saranno pochissimi.
Le
"Cose Nostre"
Ha la forma di una sirena, uno specchio in
mano, i capelli lunghi, indossa perle e pettini preziosi. Mami
Wata
è una divinità recente, le organizzazioni
criminali fanno giurare le ragazze su di lei, è creata per
invocare e giustificare la ricerca sfrenata di benessere.
Gli africani
vogliono somigliare nello stile di vita all'Europa. E per raggiungerlo,
fanno soldi con tutto, hanno perduto i loro valori antichi.
Le radici culturali della vendita di esseri
umani parte proprio da questo concetto, fare soldi ad ogni costo senza
guardare in faccia nessuno, nemmeno una figlia, una sorella, un'amica.
Abbiamo
ricevuto minacce di morte per le
indagini sui "fidanzati" dalla stessa comunità nigeriana:
«Le cose
nostre devono rimanere tra noi», hanno
detto. «Donne
e minori sono mercificati da genitori,
familiari e persino leader della comunità e questo ha
autorizzato la società a ignorare i loro diritti
fondamentali. Questo è pericoloso per il benessere delle
donne in qualsiasi Paese», spiega Joseph
Chidiebere Osuigwe,
che ha ideato e lanciato Talkam,
un’app
con cui si
può segnalare ogni tipo di violazione dei diritti umani.
A
inizio anno è stata resa nota
l’esistenza di uno scambio di informazioni tra Fbi e Polizia
italiana, i cui investigatori sono esperti delle modalità
criminali e della ramificazione in Italia e in Europa dei clan mafiosi
nigeriani. Per Osuigwe «è
importante lo scambio di
informazioni. La condanna di queste mafie dovrebbe comprendere anche la
destinazione delle loro ricchezze alla cura dei sopravvissuti»
La maggioranza delle
“sopravvissute”
in Italia, si trova in carcere, o
nel “sommerso”.
La speranza arriva dalla
seconda e
terza generazione: «Non ha nulla a che vedere con
questo
fenomeno, bisogna valorizzarle, dare loro opportunità,
altrimenti si innesca lo stesso meccanismo. Da troppo tempo gli
africani pensano che si possa fare soldi con tutto. Cosa possono fare
di più che vendere le proprie sorelle?»
Provvedimenti
restrittivi per gli appartenenti al culto 'Maphite',
assoggettati a un rigido 'manuale
di comportamento', oltre che a un rito di iniziazione
codificato nella Bibbia Verde (Green
Bible)
Mafia Nigeriana,
Sgominata cellula dei Maphite attiva in Emilia Romagna. Gli
investigatori della Questura di Bologna mentre danno l'annuncio alla
stampa.
Sono
19 i fermi eseguiti dalla squadra
mobile della Questura di Bologna, in collaborazione con i
colleghi di
altre province dell' Emilia Romagna e di Bergamo, in un'operazione
contro la mafia nigeriana. Altre due persone che si trovano all'estero
saranno raggiunte da un mandato d'arresto europeo. Agli indagati
è contestata l'associazione di tipo mafioso.
I provvedimenti restrittivi e una serie di
perquisizioni, emessi dalla Dda e dalla Procura della Repubblica di
Bologna, colpiscono un elevato numero di appartenenti al culto
'Maphite'
(o Green Circuit
association), molto diffuso e potente, fino
ad oggi rimasto all'ombra rispetto alle altre cosche. Le
città coinvolte sono Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma,
Piacenza, Forlì, Cesena, Ravenna e Bergamo.
Tra
i destinatari non solo i semplici
"soldati"
ma anche soggetti che ricoprivano un ruolo di primo piano
all'interno dell'organizzazione criminale. In particolare:
coloro che
decidevano le nuove iniziazioni, gestivano
la prostituzione,
mantenevano i rapporti di forza con le altre organizzazioni criminali e
organizzavano lo spaccio di droga nelle piazze cittadine.
L'operazione di polizia ha impiegato
più di trecento poliziotti
Così
è strutturata la mafia nigeriana
L’indagine,
avviata nel 2017,
grazie anche alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, ha
consentito di ricostruire ruoli, gradi, gerarchie e regole di
funzionamento all'interno dell’organizzazione criminale,
nonché i diversi reati che hanno permesso all'organizzazione
stessa la propria sopravvivenza e il dominio in alcuni ambiti
criminali, spaccio di sostanze stupefacenti, sfruttamento della
prostituzione, uso indebito di strumenti di pagamento elettronico,
oltre a frequentissimi e violenti scontri con organizzazioni criminali
nigeriane contrapposte.
Tipico
e conosciuto soltanto dagli adepti
il modo di comunicare, i rituali, e un prestabilito modo di ingresso
all'interno dell’organizzazione, di affiliazione, rigidissime
le regole di comportamento e puntualmente codificate che ripercorrono
in parte quelle più conosciute delle organizzazioni di tipo
mafioso italiane.
Green
Bible. Il codice della 'Bibbia Verde'
La
mafia nigeriana aveva un codice chiamato
la 'Green Bible'.
Un vero e proprio manuale di istruzioni per gli
affiliati, nel quale, per esempio, il piano di riciclaggio di denaro
nei Paesi di origine era indicato come 'Mario Monti'.
Grazie alla
'Bibbia
Verde', contenuta in un pacco inviato dalla Nigeria
all'Italia
e intercettato a Torino, gli investigatori sono riusciti a ricostruire
la struttura del clan Maphite, le regole, le cariche e le investiture,
i riti di iniziazione, le punizioni.
Il
giuramento col fuoco per entrare nel clan
"Giuro
di essere leale e fedele
all'organizzazione dei Maphite. Se domani deciderò di
svelare questi segreti, questo fuoco brucerà me e le cose
che mi appartengono; ovunque mi trovi i Maphite mi faranno a pezzi sino
alla morte". I nuovi affiliati che entravano a far parte
della mafia
nigeriana erano sottoposti ad una sorta di rito tribale, prima venivano
picchiati dagli altri membri e poi dovevano tenere tra le mani dei
pezzi di carta infuocati, per dimostrare il loro valore.
La
spartizione dell'Italia tra diverse "famiglie"
Gli
investigatori bolognesi sono riusciti a
ricostruire la spartizione del territorio delle diverse
famiglie che
facevano parte del clan Maphite. La 'Famiglia
Vaticana', oggetto
dell'indagine, egemone oltre che in Emilia-Romagna anche in Toscana e
Marche. La 'Famiglia
Latino', nell'Italia nord-occidentale, la
'Famiglia
Rome Empire', nel centro Italia e la 'Famiglia
Light House of
Sicily', presente in Sicilia e Sardegna.
Per rappresentare il potere sul territorio
ed essere riconosciuti dai loro connazionali, gli affiliati del culto
nigeriano Maphite indossavano baschi o abiti con il colore verde.
I
rami dell'indagine
L'inchiesta
ha riguardato anche il
Piemonte, dove sono stati impegnati centinaia di agenti.
L'operazione
di polizia, che ha permesso di smantellare una cosca della mafia
nigeriana, ha condotto all'esecuzione di decine di fermi anche a Torino.
"Simili
alle organizzazioni mafiose italiane"
"È
la prima volta in
Emilia-Romagna, e una delle prime in Italia, che viene contestata
l'associazione di tipo mafioso a una organizzazione nigeriana", ha
detto il procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato. "Nel corso delle
indagini abbiamo apprezzato tutti i tratti caratteristici
dell'associazione mafiosa, come l'intimidazione violenta e
l'assoggettamento dei connazionali nigeriani. Abbiamo sgominato i
vertici e acceso un faro su un fenomeno criminale importante, dotato di
una struttura verticistica e di un organigramma che emula le nostre
organizzazioni criminali, come la Mafia siciliana e la 'Ndrangheta.
L'eroina gialla che in questi mesi ha creato grossi problemi per la
salute pubblica e decessi per overdose è un prodotto che
viene introdotto sul mercato proprio dalle associazioni criminali
nigeriane"
Anticipò
in un romanzo l’omicidio di una prostituta nigeriana. Ora è
latitante.
Daniele Ughetto Piampaschet,
uccise Anthonia Egbuna. Condanna a 25 anni confermata dalla Cassazione
Daniele
Ughetto Piampaschet, uccise Anthonia Egbuna,
nigeriana allora ventenne, e poi gettò il suo corpo nel
fiume Po’. Condannato
definitivamente a 25 anni, è sparito nel nulla.
Qualcuno lo ha soprannominato lo “scrittore assassino“,
e secondo la Cassazione lo è, visto che lo ha condannato in
via definitiva. Daniele
Ughetto Piampaschet è accusato di aver
anticipato in un libro i contorni del delitto, che poi avrebbe
commesso. Ora
l’aspirante romanziere torinese è latitante, non ha atteso le manette
ed è svanito nel nulla.
Deve
scontare 25 anni di carcere, ma dal 3 luglio ha
fatto perdere le sue tracce e le ricerche, fino ad ora,
sono state
senza esito. Il Piampaschet si è sempre dichiarato innocente
per
il delitto della ragazza nigeriana con cui ha avuto anche una breve
relazione.
La
ragazza fu trovata senza vita, con segni di numerose
coltellate, il 26
febbraio 2012 sul greto del Po’, nel torinese. Un
particolare già scritto in precedenza da Daniele Ughetto nel
suo
romanzo, e mai pubblicato, ‘La
rosa e il leone’. Coincidenza
inquietante, che aveva attirato su di lui i sospetti.
Una
lunga odissea giudiziaria
Ma
non tutti negli anni lo hanno ritenuto colpevole,
infatti la sua è stata una vera odissea giudiziaria. Fu
assolto
in primo grado, poi fu condannato in appello a 25 anni e 6 mesi per
omicidio volontario, era il 2015. Nel 2016 la Cassazione aveva
annullato la sentenza e rinviato il caso alla Corte d’assise d’Appello.
Un via vai dalle aule fino allo scorso 2 giugno, quando è
arrivata la condanna definitiva.
“L’attesa
giudiziaria mi ha cambiato la vita. Ora vivo
in campagna con la mia famiglia. Conduco una vita raccolta, sto
ristrutturando un casolare e continuo a scrivere“, aveva
detto dopo uno
dei tanti processi. Ma il carcere no, e quando i carabinieri si sono
recati a Giaveno
(Torino)
per arrestarlo, lui non c’era. C’era
però il padre che li ha aggrediti rimediando un arresto per
resistenza a pubblico ufficiale.
Ora
di Daniele Ughetto Piampaschet non si sa nulla, il
telefono è staccato, e gli appelli degli investigatori e del
suo
avvocato difensore sono caduti nel vuoto. Chi lo conosce pensa si sia
nascosto in qualche cascinale, magari per scrivere un altro capitolo
della sua vita, cercando di evitare che siano i giudici a scriverlo per
lui.
Lo scorso anni, dopo la condanna in secondo grado,
il
pubblico ministero aveva chiesto l’arresto ma il giudice non
ritenne
fondato “il
pericolo di
fuga“
e il Piampashet rimase in libertà
in attesa della sentenza definitiva. Una motivazione clamorosamente
smentita dai fatti di questi giorni.
Raccontammo
la triste vicenda di Anthonia nel nostro libro “Storie Vere”
La
Storia di Maris che fu schiava sessuale per nove anni, prima in Italia
e poi in Spagna
Maris
Davis e la
sua storia personale, vittima
di tratta e di schiavitù sessuale tra il 1995 e il 2003,
prima in Italia e poi in Spagna. Fondatrice di Friends of Africa,
autrice di testi e articoli sull’Africa e sempre in prima linea nella
lotta alla Mafia Nigeriana
Freetown 1974, Maris nasce durante una guerra
Maris Davis
Joseph, a cui è dedicata la nostra
Fondazione è nata a Freetown
(città
fondata da
ex-schiavi) in Sierra Leone da genitori nigeriani
il 2 luglio 1974
(originale
del certificato di
nascita). Il papà, militare
dell’esercito
nigeriano, fu trasferito in Sierra Leone al tempo della rivoluzione che
insaguinava quel Paese, in appoggio all’esercito governativo (la così detta Guerra
dei diamanti degli anni settanta). Si può ben
dire che Maris nacque nel bel mezzo di una guerra, i genitori
ritornarono in Nigeria quasi subito dopo la sua
nascita e si
stabilirono in un villaggio intorno alla città di Benin City.
Il
papà aveva due mogli (la
bigamìa è consentita anche adesso),
come molti
altri uomini in Nigeria. Famiglia povera, ma non poverissima, lo
stipendio di militare dell’esercito del babbo permetteva il
sostentamento. Maris era la maggiore dei 4 figli di sua mamma, poi
c’erano altri 5 fratelli e sorelle dell’altra moglie.
Benin City, la nonna e gli studi
Maris
però trascorse la sua
gioventù nella città di Benin City dalla
nonna,
che rimasta vedova, la accolse come una figlia e la fece studiare,
evento molto raro nella Nigeria dell’epoca perché le ragazze
erano discriminate nello studio a favore dei maschi, e un po’ lo sono
anche adesso. La nonna,
donna molto forte e determinata, viveva
commerciando frutta e verdura, plasmò il
carattere di Maris
tant’è che anch’essa divenne una bravissima venditrice,
determinata e forte. Carattere che l’aiutò molto quando fu
costretta, prima in Italia e poi in Spagna, ad affrontare eventi
davvero terribili.
Conseguito il diploma, come tante sue
coetanee divenne una delle decine di migliaia di vittime della
“tratta“,
forse venduta dal suo stesso papà che comunque la
incoraggiò a venire in Italia. Un traffico di ragazze, molto
attivo ancor oggi, giovani ragazze che dalla Nigeria partono con la
speranza di trovare in Europa un lavoro onesto ed invece diventano
schiave nelle mani della mafia nigeriana.
Erano
gli anni 1994 e 1995, e da qui in
poi è Maris stessa che ha raccontato quello che le accaduto
prima in Italia e poi in Spagna, fino al suo definitivo rientro in
Italia nel 2006. Un’autobiografia che denuncia la sua condizione di
“schiava
sessuale” e pubblicata (in italiano)
nell’agosto del 2010
durante il suo primo viaggio a Toronto (Canada).
Aprile 1995.
L’arrivo in Italia
Prima città Torino, e quei
signori eleganti mi presero a forza e, alla presenza della mia prima
“mamam”, mi violentarono ripetutamente, per tre giorni di seguito, mi
dissero che dovevo imparare il mestiere. Non avevo ancora compiuto i
miei 21 anni.
Parlo
di
me (Senza Paura)
Breve
Autobiografia scritta da lei stessa
Edizione
2017 ampliata e arricchita con nuovi documenti e
testimonianze
Era
quasi la fine di Settembre del 2003, e quella “maledetta” estate
era finalmente terminata. In quella malefica stanza di una delle tante
cittadine che stanno intorno a Madrid, i miei “carcerieri” non
avevano nessuna pietà di me, anche se stavo male, anche se
ero l’ombra di me stessa e ormai magrissima, senza speranza e senza
contatti con la mia famiglia ormai da più di un anno e
mezzo, ma loro continuavano a tenermi “segregata” in
quella stanza buia, dove ogni tanto arrivava qualche “cliente”
a cui, anche se piangendo e piena di vergogna, dovevo soddisfare le sue
“stronze”
voglie di sesso. Pregavo,
pregavo in continuazione,
chiedevo a Dio di farmi
morire, volevo
davvero morire.
11-M Marid,
Atocha 11 marzo 2004. Io c’ero
Scampa
agli attentati di matrice islamica che a Madrid provocano quasi 200
morti e più di duemila feriti. Un episodio che
ricordò lei stessa in un articolo apparso nel suo blog a
dieci anni da quei fatti.
Agosto 2004
Dopo
5 anni rivede quello che sarà il suo futuro marito,
Florindo,
un friulano che aveva conosciuto a Udine poco prima del suo rapimento
nel 1999 e adesso arrivato in Spagna proprio per aiutare Maris ad
uscire da una situazione davvero difficile. Florindo sarà il
tramite tra Maris e il consolato italiano di Madridsia per recuperare i
documenti ma anche per ridare a Maris la necessaria
tranquillità economica e psicologica dopo la terribile
esperienza vissuta.
Maris diventa collaboratrice di giustizia
Per due anni è costretta a vivere in regime di semi-protezione.
Maris
denuncia i suoi rapitori e i suoi sfruttatori. Le
autorità di polizia spagnole, in collaborazione con quelle
italiane, dopo alcuni mesi dalle denunce di Maris, e dopo indagini
accurate arrestano alcuni nigeriani che operano tra Italia e Spagna, ma
non coloro che l’avevano tenuto prigioniera e l’avevano sfruttata. Si
accerterà in seguito che erano rientrati in Nigeria.
In
ottobre si trasferisce in nuova abitazione a Parla, una cittadina
a 20 chilometri a sud di Madrid. È una soluzione per
proteggere Maris dalla mafia nigeriana e per prevenire altri atti di
vendetta nei suoi confronti.
Estate 2005
Maris
si ammala gravemente, le
viene diagnosticato un cancro alle ovaie mai curato e per questo in uno
stato avanzato. Subisce
una delicata operazione all’utero che le impedirà
per sempre di diventare mamma.
Nel frattempo prosegue la collaborazione con le autorità
spagnole e il consolato italiano per la ricostruzione della sua vicenda
personale, l’acquisizione dei documenti personali e la denuncia ai suoi
ex-sfruttatatori.
Il
luogo, nei pressi di Madrid, dove Maris ha vissuto
sotto protezione tra
ottobre 2004 e dicembre 2006
Parla,
Calle Villaverde
(Comunidad de Madrid)
Madrid,
Ottobre 2006, Maris si sposa
Maris si sposa e poi rientra in Italia, in
Friuli, dove attualmente vive con suo marito.
Principali
avvenimenti 2006-2017
Oggi
Attualmente Maris vive con il marito a
Mortegliano
in provincia di Udine. È attiva nel
volontariato, si adopera come mediatrice culturale per aiutare ragazze
nigeriane in difficoltà, pubblica articoli
divulgativi sulla Africa e tematiche sociali contribuendo ad
informare sulle problematiche legate al contrasto della Mafia
Nigeriana.
Stop
alla Tratta di Ragazze Nigeriane in Italia. Mai
più Schiave
(Who, What, Where, When, Why)
Ragazze ingannate, violentate, spesso
vendute dalle loro stesse famiglie in cambio di pochi dollari, portate
in Europa dalla Mafia Nigeriana, violenta e senza scrupoli per la vita
umana, schiave nel senso letterale del termine, costrette a pagare
anche l'aria che respirano. Minacciate le loro stesse, minacciata la
loro famiglia in Nigeria, private dei documenti personali, costrette a
prostituirsi fino a che quel dannato debito non viene estinto. Ragazze
che per uscire dalla povertà accettano un viaggio senza
ritorno.
La nostra è una denuncia
forte contro i trafficanti di queste schiave e la mafia nigeriana che
costringe queste ragazze, sempre più spesso minorenni, a
prostituirsi in Italia e in Europa. È anche una denuncia
forte contro il senso comune, che continua ancora a chiamare queste
donne-schiave "prostitute".
WHO(Chi)Chi
è quella Ragazza?
Quel corpo seminudo ai bordi di una
strada buia di periferia?. Merce in vendita di una società
edonista e mercantile. Che la compra e la vende, insieme a moltissime
altre ragazzine come lei. Le chiamano prostitute, quando va bene.
Più spesso gettano loro addosso i vocaboli più
dispregiativi.
La maggior parte sono ragazze
giovanissime, quasi tutte immigrate: 15, 20 forse 30 mila sono
nigeriane. Vittime della povertà e dell'ingiustizia, di una
vita che non è degna di essere vissuta, molte di queste
ragazze si ritrovano ingannate da promesse fittizie, dal miraggio di
un'esistenza migliore, di un altrove fatto di benessere e
felicità: finiscono col ritrovarsi schiave sessuali, in una
situazione di vulnerabilità e povertà ancora
peggiore di quella da cui vengono, sradicate in un Paese straniero,
clandestine, senza identità né dignità.
Le chiamano prostitute, ma sarebbe
meglio chiamarle prostituite. Costrette a vendere se stesse,
corpi-merce di un traffico che ha preso la forma intollerabile di una
delle peggiori schivitù contemporanee. Donne vittime della
tratta, donne a pezzi, che cercano di liberarsi dalle catene di una
prigionia fatta di minacce e ricatti, di riti woodoo e di violenze, di
umiliazioni e paura.
Molte sono MORTE sulla strada, molte
sono uscite abbruttite, svuotate dei loro valori profondi, annientate
nella loro autostima, incapaci di recuperare il senso della vita e dei
loro valori femminili, negati e deturpati. Qualcuna ce l'ha fatta,
trovando conforto e protezione in molte persone e associazioni che in
Italia come in Nigeria hanno detto BASTA A QUESTO VERGOGNOSO TRAFFICO!
WHAT(Cosa)La
Tratta di giovani ragazze, anche minorenni
La tratta di donne ai fini dello
sfruttamento sessuale è, secondo le Nazioni Unite, la terza
attività più redditizia al mondo, dopo il
traffico di armi e di droga. Ed è diffusa in maniera
capillare e ramificata in tutto il mondo. La "mafia
nigeriana" è tra le più potenti e
organizzate. A più livelli. A quello più basso si
trovano le mamam, spesso ex-prostitute loro stesse, che gestiscono le
ragazze quando arrivano in Italia, le avviano alla prostituzione e
raccolgono i pagamenti.
Le ragazze sono tenute a rimborsare
un debito spropositato: dai 30 ai 50 mila euro. Ogni loro prestazione "costa" al massimo
20 euro. Spesso anche di meno. E quindi la loro schiavitù
più durare anche diversi anni.
A un livello intermedio di questa
rete, il potere passa agli uomini che si occupano della logistica del
traffico da Benin City
a Lagos e da lì all'Europa. Alla fine degli anni '90 il "viaggio" si faceva
in aereo con documenti falsi, passando soprattutto per Parigi, ma anche
da Amsterdam e Madrid per poi arrivare a Torino, piuttosto che a
Palermo, Roma o Napoli. Oggi, con i controlli molto più
rigidi, il "viaggio"
avviene quasi sempre attraverso il deserto, da Benin City a Lagos e da
lì in Libia, attraversando il Niger e il deserto. Ed infine
in Italia sui barconi della morte.
Poi, a un livello più
alto, si trovano i veri e propri trafficanti che stanno in Nigeria: una
struttura ben organizzata, potente, ramificata, con molti contatti,
capace di corrompere ad alti livelli, con legami con governi e
ambasciate, e addentellata in tutta Europa. Una vera e propria
organizzazione a delinquere, in grado di trafficare documenti e visti
su scala trans-nazionale, oltre che ragazze spesso minorenni.
In Italia sono in molti a lottare
contro questo traffico, dalle forze dell'ordine alle numerose
associazioni e organizzazioni religiose e del privato sociale. Si
occupano di perseguire i trafficanti, ma soprattutto di sensibilizzare
e prevenire, di accogliere le ragazze che escono dalla strada e di
avviarle verso percorsi di recupero che restituiscano loro
DIGNITÀ e una prospettiva di futuro.
WHERE(Dove)La
Nigeria
La
Nigeria, il "gigante
d'Africa". BENIN
CITY, la
città dove tutto è cominciato. Un'Africa che sta
cambiando in maniera impressionante e caotica. Un'Africa dove restano
forti alcuni riferimenti tradizionali, la famiglia, il villaggio,
valori e norme di comportamento, ma anche superstizioni e stregoneria,
e dove sempre più si impongono stili di vita e modelli
culturali di tipo occidentale, spesso legati a logiche consumistiche e
materialistiche.
E in tutto questo si inserisce Boko
Haram, i miliziani islamici che provocano terrore da anni nelle regioni
del Nord della Nigeria, e le violenze contro i cristiani, i rapimenti
di ragazze, la distruzione di villaggi, gli attentati quasi quotidiani.
Il connubio talvolta è un
ibrido inquietante. Come a Benin
City, centro dei traffici di ragazze
verso l'Europa e specialmente l'Italia. Qui la povertà
è diffusa ed è evidente e stride in maniera
sconcertante con alcuni simboli di ricchezza e potere ben esibiti: Suv
americani, campi da golf, ville sontuose e protette come fortezze. E
lì accanto, la miseria ed il degrado.
Ma Benin City non
è che
un piccolo specchio della Nigeria, un Paese dai forti contrasti,
ricchissimo di petrolio e vergognosamente povero: il 92,4 per cento
della popolazione vive con meno di due dollari al giorno. La vita costa
poco e non vale quasi niente. Bastano pochi spiccioli per mangiare il
solito piatto di riso e pesce secco, ma per pochi spiccioli una
famiglia può "vendere"
il proprio bimbo come domestico (o
la
propria bimba) nelle case di chi sta un po' meglio. O una "ragazza"
può vendere se stessa per cercare di sopravvivere e di far
sopravvivere la propria famiglia.
Il sogno è di andarsene:
l'Europa, l'altrove, il paradiso immaginato, inseguito, voluto ad ogni
costo. Molte ci provano in tutti i modi a raggiungerlo. Molti, i
trafficanti di ragazze, si sono ben organizzati per renderlo possibile.
Ma a carissimo prezzo!
WHEN(Quando)Quando
è cominciato
Negli ANNI OTTANTA,
il traffico di ragazze nigeriane destinate allo sfruttamento sessuale
era una delle tante attività illegali gestite dai nigeriani.
Poi si è consolidato nei decenni successivi, diventando una
vera e propria "impresa"
ben strutturata e particolarmente redditizia. Sin dall'inizio hanno
avuto come punti di approdo e "smistamento"
Torino e l'area di Castel Volturno, in provincia di Caserta. E come
base
logistica, organizzativa e di "reclutamento"
Benin City.
A Castel Volturno, in
particolare, mafia
nigeriana e camorra
nel tempo hanno stretto alleanze e oggi è considerata una
vera e propria roccaforte della mafia nigeriana in Italia.
Qui, molte ragazze provano
innanzittutto a cavarsela con lavoretti informali, che rappresentano
spesso l'unica possibilità di guadagnare qualche soldo. Per
tante il sogno è di fare la parrucchiera. E con il miraggio
di questo sogno semplice molte sono state convinte a partire. Un
inganno che le ha portate a sopportare viaggi impossibili: la
traversata nel deserto del Sahara e poi del Mediterraneo, dove molte
hanno perso la vita. Chi
ce la fa finisce su una strada.
QUANDO
IL SOGNO SI TRASFORMA IN UN
INCUBO. Eppure alcune ragazze sono riuscite a liberarsi da
questa
schiavitù. Molte sono rimaste in Italia, dove hanno provato
a fare altro e a ricostruirsi una vita. Alcune sono rientrate in
Nigeria. A Benin City c'è qualcuno che le aspetta: le
religiose italiane, insieme a quelle nigeriane, con la collaborazione
di Caritas Italiana, della CEI e dei salesiani, hanno realizzato una
casa di accoglienza per ospitare quelle che tornano e hanno bisogno di
sostegno. QUANDO IL
VIAGGIO NON È A SENSO UNICO.
WHY(Perché)Perché
hai fame
Perché
hai fame e ascolti il tuo stomaco. Prima di ogni altra
cosa. Perché a scuola non c'è posto per te. Ci
sono stati i tuoi fratelli maschi, non c'erano abbastanza soldi per
pagare tasse e libri per tutti. A casa, le bambine, aiutano la mamma.
Tanto lì ci sono tante cose da fare. Solo che quando diventi
grande, di lavoro non ne trovi mai.
Perché
manca sempre tutto: l'acqua
in casa, quando hai una casa vera e non una baracca, e i soldi per fare
la spesa. E manca la benzina alla pompa. E allora ci si
mette in fila, anche per giorni. Eppure la Nigeria produce
un'enormità di petrolio. Ma per gli altri!
Non
c'è lavoro e non c'è giustizia. E
c'è chi non ha niente e chi ha troppo, e se ne va in giro
con l'ultimo modello di Suv americano o va a giocare a golf e ha la
mega-villa fortificata come una fortezza.Perché altrove
è meglio. Altrove non può che essere meglio che
qui. Altrove ci sono tanti soldi e si può fare una bella
villa. E guadagnare un po' per aiutare la famiglia.
Perché
quello che è capitato alle altre non può capitare
a me. Quei racconti, tutte storie! Perché io
sono più intelligente e più furba, e
farò la parrucchiera o la cameriera. Perché
quando un sogno nasce dallo stomaco non credi a chi vuole demolirtelo,
prima ancora che provi a realizzarlo. Perché sognare
è l'unica cosa che ti resta quando non hai più
nient'altro. E PER UN
SOGNO SI PUÒ ESSERE DISPOSTI A TUTTO.
Il
fenomeno .. La tratta di esseri umani è una
delle peggiori schiavitù. E riguarda il mondo
intero. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro
(ILO) e l’Ufficio delle
Nazioni Unite contro la droga e il
crimine (UNODC) circa 21 milioni di
persone, spesso povere e
vulnerabili, sono vittime di tratta a scopo di sfruttamento:
sessuale,
lavoro forzato,
espianto di organi,
accattonaggio forzato,
servitù domestica
matrimonio forzato,
adozione illegale,
o altre forme di sfruttamento.
Ogni anno, circa 2,5 milioni di
persone
sono vittime di traffico di esseri umani e riduzione in
schiavitù. Il
60 per cento sono donne e minori e quasi
sempre subiscono abusi e violenze inaudite.
La tratta di esseri umani è
una delle attività illegali più lucrative al
mondo, rende complessivamente 32 miliardi di dollari l’anno
ed è il terzo “business”
più
redditizio, dopo il traffico di droga e di armi.
Come Foundation
for Africa, seguiamo con
particolare attenzione il fenomeno della ragazze trafficate della
nigeria che vengono portate in Europa e costrette a diventare schiave
sessuali. Un traffico purtroppo accresciuto in questi anni sia a causa
della situazione interna della stessa Nigeria e le violenze causate da
Boko Haram, sia a causa della situazione complessiva nell'Africa
sub-sahariana e mediterranea.
Ragazze nigeriane costrette a
prostituirsi non solo in Italia o in Europa, luoghi di destinazione
finale, ma anche in Niger, Mali o Libia, luoghi di transito.
La Caritas Italiana ha confermato che
attualmente in Italia ci sarebbero circa 70.000 ragazze "trafficate
per
scopi sessuali", la maggior parte di esse, il 35% è di
nazionalità nigeriana, ben rappresentate anche le rumene, le
albanesi, altri paesi dell'ex-repubbliche sovietiche, le cinesi e le
colombiane.