Il
Woodoo e la religione animista dell'Africa occidentale
Le Ragazze di Benin
City, vittime di tratta, costrette a prostituirsi, vengono
sottoposte a rituali woodoo "juju". Abbiamo scritto
una serie di articoli per capire e far capire che cosa è il
woodoo, la "religione" più antica del mondo.
Una ragazza sottoposta a un rito "juju"
non deve mai denunciare i suoi sfruttatori, deve pagare il debito
di viaggio, deve obbedire alla sua "mamam". Per chi
trasgredisce la morte, sua o dei suoi familiari, disgrazia e
maleficio.
Origini, rapporti con la
Chiesa, il woodoo nella vita degli africani "animisti",
l'uso distorto dei rituali a fini di sottomissione, il woodoo e le
ragazze nigeriane vittime di tratta, il culto di Mami Wata.
I trafficanti le
portano dalla Nigeria e dall'Est Europa. E le tengono sempre più
nascoste, per sfuggire ai controlli. Il rapporto "Piccoli
Schiavi" dà voce alle associazioni, preoccupate per le
conseguenze del decreto Sicurezza.
Dossier
Save the Children sulle vittime di tratta. 1400
adolescenti schiave prostitute
Adesso le nascondono. Le tengono segregate in
appartamenti, o le portano lungo strade sempre più periferiche,
isolate. E ovviamente le picchiano per non parlare, a Palermo come
a Torino e in Germania. Sono le vittime della tratta sessuale,
schiave giovanissime, neo maggiorenni o ancora bambine, costrette
a vendersi da una rete di trafficanti che prima le obbligano a
partire e poi a prostituirsi.
Il dramma della tratta delle schiave dalla Nigeria
e dall'Est Europa, all'Italia e all'Europa è al centro del
nuovo rapporto sui “Piccoli
schiavi invisibili” di Save The Children. La Onlus,
con il progetto “Vie d'uscita”,
ha permesso l'anno scorso a 31 vittime di trovare un futuro, di
uscire allo sfruttamento. Gli operatori in sole cinque regioni
hanno incontrato oltre mille adolescenti sfruttate sessualmente.
Mille e quattrocento schiave, obbligate a vendersi al costo di
ferite fisiche e psicologiche talmente buie da cancellare le
parole stesse per spiegarsi.
Le nuove forme di
controllo e sfruttamento
L'ultima relazione semestrale della Direzione
investigativa Antimafia ha dedicato ampio spazio al tema della
tratta. A dicembre del 2018 la polizia ha arrestato otto
nigeriani della confraternita “Eiye” a Torino,
accusati di associazione di tipo mafioso, favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione.
A marzo era stata la volta di Palermo, ad aprile di
Cuneo; a maggio grazie alla denuncia di una minorenne, costretta a
prostituirsi insieme a un'amica a Giugliano, è stata fermata una
rete di sfruttamento a Napoli. Il mese scorso un'altra operazione,
fra Palermo, Napoli, Dervio, in provincia di Lecco, e Bergamo ha
fermato quattro uomini. Sono nigeriani, liberiani e italiani, tra
cui un 78enne che faceva da vedetta e accompagnava le ragazze
nelle zone di prostituzione.
Il controllo dei trafficanti infatti è totale.
E così il loro tentativo di non perdere la “merce”, le
ragazze. Daniela Moretti del Servizio anti-tratta “Roxanne”
del Comune di Roma, spiega nel rapporto di Save the Children come
i trafficanti cerchino infatti di occultare sempre più la presenza
delle minorenni sul territori. Ricorrendo alla prostituzione in
appartamento ad esempio piuttosto che in strada, dove è più facile
vengano individuate dagli operatori. Questo rende sempre più
difficile la possibilità di entrare in contatto con loro e di
offrire percorsi di protezione.
«In Piemonte, e nello specifico nell’astigiano, è
stato segnalato da Alberto Mossino di PIAM un aumento delle
connection houses, ovvero case chiuse, ma aperte solo per uomini
africani, in cui le ragazze possono affittare un posto letto il
cui pagamento sarebbe garantito con i proventi derivanti dalla
prostituzione», spiega il dossier sui “Piccoli
Schiavi”: «Anche Andrea Morniroli di Dedalus ha
riconosciuto come nella città di Napoli e provincia l’indoor
rappresenti una modalità di sfruttamento assai diffusa e si
stiano progressivamente sviluppando diverse connection houses».
Morniroli ha raccontato come cercano comunque di entrare in
contatto con le ragazze per offrire aiuto: «In questi casi si
procede via telefono. Inizialmente ci si finge clienti al fine
di capire il tipo di prestazioni offerte e quale sia il livello
di autonomia. Molto spesso, componendo lo stesso numero non si
riesce a parlare con la stessa persona e scopri che tre persone
hanno 15 numeri diversi, così inizi a pensare ci sia
un’organizzazione alle spalle»
È difficile, ma tentano lo stesso, continuamente, a
spiegare alle ragazze le possibilità che offre loro il paese per
salvarsi. Possibilità che esistono, sono radicate. Ma hanno
bisogno di fondi, risposte legali, e standard di intervento sui
documenti da parte delle questure. Proprio sul punto dei permessi
si aprono oggi nuovi rischi, a causa del decreto Sicurezza voluto
dal ministro dell'Interno Matteo Salvini.
Le conseguenze del
decreto sicurezza
Lo stesso governo, il Conte uno, che
ha aumentato i fondi per le iniziative anti-tratta (24 milioni
di euro dal 2019 al 2021) ha voluto infatti un decreto
che indebolisce gli strumenti con cui gli operatori possono
aiutare le vittime. Con il Decreto sicurezza, spiega il rapporto
di Save the Children, è stata abolita la protezione per motivi
umanitari, ovvero il modello di permesso più utilizzato per le
ragazze sfruttate. Che ora si troveranno in condizioni di non
poterlo rinnovare. A meno di non riuscire a ottenere un nuovo
visto di soggiorno per “casi speciali”, fra cui la violenza
domestica e il grave sfruttamento.
Per le vittime di tratta esisterebbe da tempo un
altro strumento, la protezione sociale “ex art.18”,
ma il modo con cui viene accordata varia a seconda della Questura
di appartenenza. Spesso viene infatti chiesto che la vittima, per
ottenere il documento, denunci dettagliatamente le persone che
l'hanno costretta a prostituirsi. Una denuncia che le espone, di
fatto, a una vendetta dei trafficanti. Di cui hanno paura, per sé
o per la propria famiglia. Da tempo le associazioni chiedono che
vengano stabilite linee guida perché alle ragazze che si ribellano
e iniziano un percorso di reinserimento sia riconosciuto un
permesso, a prescindere dalla denuncia.
Ci sono poi altre due conseguenze del decreto
Sicurezza. Con la chiusura dell'accesso nelle piccole
strutture comunali della rete Sprar per la prima accoglienza, le
ragazze si ritrovano oggi nei centri straordinari. Dove è maggiore
il numero di persone e spesso inferiore la preparazione dei
gestori. Così è difficile che i responsabili si accorgono dei
segnali di disagio di una vittima o di una potenziale sfruttata.
Lasciandola in balia dei trafficanti, anche all'interno stesso
del centro. Infine, secondo il decreto Salvini chi ha un
permesso di protezione internazionale non può iscriversi
all'anagrafe.
«E benché l’accesso ai servizi, come l’iscrizione
sanitaria, ai sensi del Decreto, sia assicurato nel luogo del
domicilio, la residenza rappresenta di fatto la chiave per
l’esercizio effettivo di alcuni diritti fondamentali
riconosciuti dalla nostra Costituzione. Inoltre alcune ASL
continuano a richiedere la residenza, ostacolando l’accesso al
servizio sanitario. Che rappresenta uno degli strumenti
essenziali per garantire assistenza alle vittime di sfruttamento
sessuale»
Non chiamateli
clienti
Trovare ogni mezzo per abolire questo business
orrendo deve invece restare una priorità. Legale. Ma anche
culturale. «Non si può ignorare il fatto che il fiorente
mercato dello sfruttamento sessuale delle minorenni è legato
alla presenza di una forte “domanda” da parte di quelli
che ci rifiutiamo di definire “clienti”, i quali sono
parte attiva del processo di sfruttamento. È necessario
rafforzare l’azione di contrasto e, allo stesso tempo,
promuovere iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica e
in particolare i più giovani sui danni gravissimi che questo
mercato provoca sulle ragazze che ne sono vittima»
Non chiamateli clienti. Sono solo "aguzzini"
di passaggio che approfittano della sofferenza di ragazzine
minorenni. Chiamateli piuttosto "stupratori a pagamento"
Minorenni come Happy. Una ragazza a cui la
violenza ha tolto anche le parole: non riesce a raccontare tutta
la sua storia. Interi pezzi della sua vita restano neri, silenzio.
Cresciuta in una famiglia numerosa di Benin City,
in Nigeria, la sua storia ricalca quella di molte, troppe,
sue coetanee, convinte come lei a partire con una promessa. Nel
suo caso l'impiego in un bar. Affronta la rotta lungo il
deserto, in Libia iniziano gli abusi. Quindi il
gommone, il salvataggio nel canale di Sicilia, la trappola
della rete di contatti che le forniscono tutto, biglietti,
documenti, indirizzi, fino all'incontro con la donna che la porta
al lavoro. In Germania. È lì che Happy viene costretta
a prostituirsi da un'aguzzina che le requisisce tutto,
compreso il telefono per parlare con la famiglia. In compenso la
porta dal parrucchiere, la istruisce su cosa dire alla polizia per
il permesso, l'accompagna in strada, controlla e prende i soldi
alla fine dei rapporti.
«Una mattina sono tornata dal lavoro in strada
all’alba ed ero sfinita, mi sono messa a letto ma Zainab (la
mamam) mi ha svegliata e mi ha costretto con violenza ad
avere rapporti con un cliente. Dopo quella volta ho detto che
volevo parlare con i miei genitori, che non sopportavo più
quella vita, e mi stavo preparando i bagagli per chiedere aiuto
a quelli dell’accoglienza, ma lei ha fatto entrare in casa due
uomini nigeriani, che hanno cominciato a spintonarmi e a
insultarmi. Ho cercato di scappare ma mi hanno presa a calci; mi
sono accorta che uno dei due aveva in mano una pentola con acqua
bollente, a quel punto mi sono buttata dalla finestra. Mi sono
fatta molto male, qualcuno del vicinato mi ha soccorsa ma in
ospedale non potevano operarmi perché ero senza documenti. Io
per paura non ho raccontato nulla; poi è arrivata la Polizia e
mi ha portato in cella. Mi hanno preso le impronte. Avevo molto
male perché non mi curavano abbastanza. Dopo due settimane mi
hanno accompagnata in aeroporto per rimandarmi in Italia»
È in Italia che ha incontrato i ragazzi di Vie
d'Uscita ed è riuscita a cambiare il suo presente. È entrata
in una comunità protetta, quindi in un programma di formazione.
Grazie ai corsi, ha iniziato a lavorare come stagionale in un
hotel.
La
missionaria della Consolata, in occasione della "Giornata mondiale contro la
tratta di esseri umani" torna a porre la luce su una delle
piaghe più gravi del XXI secolo che, come lei stessa
sottolinea, “ci
vede tutti coinvolti”
Contro la tratta di esseri umani.
L'impegno di Suor Eugenia Bonetti
“Quante
lacrime ho asciugato.
Quanta sofferenza ho visto a causa di quello che deve essere definito
un crimine contro l’umanità”
Così suor Eugenia Bonetti,
presidente dell’associazione Slaves no more onlus
(Mai
più schiave), racconta la sua esperienza di
“missionaria della strada” che la vede impegnata da
oltre 20 anni nella lotta alla tratta degli esseri umani, un fenomeno
che Papa Francesco
definisce “la
schiavitù
più estesa in questo XXI secolo”
La
Giornata mondiale
La tratta di esseri umani è un
crimine che vede 21 milioni di persone vittime di gravi abusi, tra i
quali il lavoro forzato e lo sfruttamento sessuale. Ed è
proprio per sensibilizzare la comunità internazionale sulla
situazione delle vittime e promuovere la difesa dei loro diritti che,
nel 2013, l’Assemblea Generale dell’Onu ha
proclamato il 30 luglio
la "Giornata
mondiale contro la tratta di
persone"
L’impegno
di suor Eugenia Bonetti
Era il 2 novembre del 1993 quando suor
Eugenia Bonetti incontrò Maria, una giovane donna che
bussò alla sua porta in cerca di aiuto.
“’Sister
please, help me!’
urlò. E io,
racconta la missionaria, di fronte a questo
grido mi sono sentita gelare. Ho visto le sue lacrime e da quel momento
non ho avuto più pace. È stato lì che
il Signore mi ha fatto capire che la mia missione era aiutare queste
persone”. Da quel giorno, infatti, la suora
anti-tratta non
ha mai smesso di lottare per liberare le donne dalla
schiavitù dello sfruttamento sessuale.
Le
schiave del XXI secolo
“Si pensa che la parola schiavo
appartenga ad un retaggio culturale passato. E invece, anche nel nostro
secolo, ci sono persone che vivono la loro via crucis sulle nostre
strade”, denuncia la religiosa sottolineando che
“davanti a
tanto dolore, il male più grande
è l’indifferenza dell’uomo che non fa
nulla per porre fine alle sofferenze di queste donne messe
lì sui marciapiede come fossero statuette di ebano”
Il
male più grande. L'indifferenza
“Tutti, come io stessa
all'inizio, tendiamo ad etichettare queste donne e a non occuparci di
loro. È un atteggiamento terribile perché con la
nostra indifferenza diventiamo complici dello sfruttamento”,
confessa suor Eugenia ricordando come anche il Santo Padre abbia
evidenziato la drammaticità di quella che lui stesso, nel
messaggio diffuso in occasione della giornata mondiale della pace, ha
definito “la
globalizzazione
dell’indifferenza”
Uniti
per spezzare le catene
“Solo lavorando insieme saremo
una grande forza capace di spezzare le catene della
schiavitù. Solo se uniti in comunione possiamo diventare la
voce di coloro che non ne hanno per gridare forte il loro dolore e
combattere le loro ingiustizie. Solo se ognuno di noi
romperà un anello allora la catena si spezzerà
automaticamente e nel mondo non ci saranno più
schiavi”
Dalla
polvere della strada alla maestà di San Pietro
“In questi anni, grazie
all'associazione, siamo riuscite a togliere dalla strada più
di seimila donne”. Tra queste
c’è anche
una giovane 18enne che “dalla
polvere della strada
è passata alla maestà di San Pietro”
“Questa giovane donna era incinta
e non aveva più legami con la sua famiglia. Non voleva far
sapere a sua mamma quello che stava vivendo. Con il tempo siamo
riuscite a convincerla ad andare via dalla strada e a contattare sua
mamma che, quando le parlò al telefono, la
rassicurò dicendole che un bimbo è sempre un dono
di Dio. Adesso questa ragazza è una donna e vive felice con
il suo bambino. Tempo fa ha ricevuto il battesimo da Papa Francesco e
per me è stata una grande gioia perché non
c’è nessuno che non sia degno di essere chiamato
figlio di Dio”
"Spezzare
le Catene"
La battaglia per la dignità delle donne
Edizioni
Rizzoli, 2012
Nel
libro è raccontata anche la mia vicenda personale di schiava
sessuale. Devo a Suor Eugenia Bonetti molte cose, tra le
quali il
coraggio della libertà, il recupero della
dignità, un sorriso ritrovato.
La
scorsa settimana una vasta operazione della squadra mobile di Teramo ha
eseguito sei misure cautelari. Arrestate
4 mamam e un italiano che affittava gli appartamenti. Una
sesta donna nigeriana è sfuggita alla cattura e viene
ricercata.
Bonifica del Tronto.
Operazione contro la mafia nigeriana, coinvolto anche un
fiancheggiatore italiano
Dodici
le ragazze nigeriane sottoposte a sfruttamento che sono state liberate
e affidate ai servizi sociali
A conclusione di una complessa
attività di indagine sulla tratta di esseri umani, lo
sfruttamento ed il favoreggiamento della prostituzione ed il
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina condotta dalla
Squadra Mobile di Teramo diretta dal V.Q.A. Dott.ssa Roberta Cicchetti
con il coordinamento della Procura Distrettuale di L’Aquila
nella persona del Sost.
Proc. Dott. Mancini David e con
l’applicazione del Sost.
Proc. Dott. Giovagnoni Stefano, la
scorsa settimana e stata data esecuzione all'ordinanza applicativa di
misura cautelare, emessa dal G.I.P. del Tribunale di
L’Aquila, nei confronti di 6 persone con la quale
è
stata disposta la custodia cautelare in carcere nei
confronti di 4 donne
nigeriane e la
misura degli arresti domiciliari
nei confronti di un
cittadino italiano. È ancora da eseguire
un'altra misura applicativa della custodia cautelare in carcere a
carico di una donna nigeriana al momento irreperibile.
Sei
persone sottoposte a misure di custodia cautelare, 5 donne nigeriane e
un italiano
I reati contestati a vario titolo agli
arrestati sono sfruttamento
della prostituzione, tratta
di esseri
umani, favoreggiamento
dell'immigrazione clandestina, e riduzione in
schiavitù.
Le 4
mamam
tratte in arresto sono:
Solomon
Elizabeth Rashidat nata in
Nigeria il 12.10.1978 residente a Martinsicuro,
Obanor
Vera nata in Nigeria il
01.10.1975 residente a Martinsicuro (TE),
Adam
Succes nata in Nigeria il
17.06.1987residente a Martinsicuro (TE),
Osazuwa
Kate nata in Nigeria il
01/04/1984 residente a Monsampolo (AP).
Il
destinatario italiano della misura
cautelare degli arresti domiciliari per favoreggiamento della
prostituzione è Di
Sabatino Gerardo nato a Teramo il
03.11.1957 ed ivi residente, rispettivamente proprietario e
comproprietario di due degli appartamenti di dimora di giovani
prostitute nigeriane.
Dodici
ragazze nigeriane salvate
Le
indagini, corredate da
attività tecniche, sono state avviate dalla Squadra Mobile
di Teramo monitorando costantemente la zona della strada
“Bonifica
del Tronto” allo scopo di interrompere il
costante flusso di giovanissime donne nigeriane, reclutate in patria
con la promessa di un lavoro in Europa e poi fatte giungere
clandestinamente attraverso disperati viaggi lungo la rotta
mediterranea, sottoposte a riti woodoo a garanzia del pagamento del
debito per il viaggio (pari
25.000 o 30.000 euro) ed, una volta
arrivate in Italia, costrette con violenza, minacce a prostituirsi
consegnando i proventi a chi le aveva reclutate in patria ed ai loro
referenti in Italia.
Nel
corso
dell’attività investigativa sono state individuate
ed identificate ben 12 giovani vittime dimoranti in 5
appartamenti di
cui 4 ubicati a Martinsicuro (TE)
ed uno a Monsampolo del Tronto (AP)
affittate dai rispettivi proprietari alle loro connazionali
destinatarie delle predette misure cautelari in carcere.
In
particolare, si è accertato
che Solomon Elizabeth
Rashidat, Obanor
Vera e Adam
Successsfruttavano
la prostituzione delle giovani donne nigeriane ospitate in casa
in
quanto ne percepivano i proventi ed in molti casi costituivano un vero
e proprio terminale di supporto dell’organizzazione nigeriana
che ne aveva curato il reclutamento, sottoposte ai rituali juju in
Nigeria e quindi il viaggio in Italia.
Si
accertava che alcune delle vittime si
trovano ancora in una condizione di assoggettamento totale
a Osazuwa
Kate che le costringe a prostituirsi per estinguere il
loro debito,
picchiandole e minacciandole di procurare del male ai loro familiari in
Nigeria.
Il
percorso di assistenza alle giovani
vittime ha consentito ad alcune di loro, nel corso delle
indagini, a
raccontare tra le lacrime, a personale della Squadra Mobile di Teramo,
la storia di drammatica vulnerabilità vissuta fin dal
momento del reclutamento ad opera dell’organizzazione in
Nigeria, a Benin
City, con la promessa di un lavoro e di un futuro
migliore, fino in Italia.
Ad
esempio, si narra specificamente della
conduzione del rito da parte di un uomo anziano chiamato Witch Doctor a
garanzia del pagamento del debito di 25.000 euro contratto per il
viaggio, pena, in caso di mancato pagamento, la sua morte e ritorsioni
verso i propri familiari. I
singoli casi sono in realtà
storie condivise da molte vittime.
Una
delle vittime, partita
nel marzo del
2016 da Benin City con altre persone, dopo aver
attraversato il Niger,
arriva a Tripoli 8 giorni dopo. La donna racconta che una compagna di
viaggio aveva perso la vita durante il percorso, picchiata per le
continue pretese di denaro è caduta dal pick-up, sul quale
viaggiavano ammassati.
Dopo
essere stata trattenuta per oltre due
mesi in abitazioni vicino a Tripoli, in cui vi erano molti
altri
connazionali in attesa di intraprendere il viaggio verso le coste
italiane, la vittima parte a bordo di un barcone dalle coste libiche,
arriva in Italia nel luglio 2016. Subito dopo viene “presa in
carico” dalla mamam Osazuwa Kate che la
costringe a
prostituirsi.
Le
indagini proseguono
Le
indagini proseguono per monitorare
fenomeni analoghi che rappresentano una violazione della
dignità umana e dei diritti fondamentali, oltre che un mezzo
di realizzazione di profitti elevati per la mafia nigeriana, che non
può essere in alcun modo tollerato.
"Piccoli Schiavi Invisibili 2019",
il rapporto Save The Children, nell'Unione Europea un quarto delle
vittime è minorenne. In crescita lo sfruttamento sessuale e
lavorativo.
Piccoli Schiavi Invisibili 2019,
Tratta e sfruttamento sessuale, una ragazza su quattro è
minorenne
Secondo il rapporto 'Piccoli
schiavi invisibili 2019', le vittime accertate
in Italia sono 1.660.
I minorenni coinvolti sono passati dal 9 al 13 per cento. Anche sulle
20.500 vittime registrate complessivamente nell'Unione nel biennio
2015-16, più della metà dei casi riguarda lo
sfruttamento sessuale, e con un consistente 26% legato a quello
lavorativo.
Una
vittima su quattro è minorenne
Un
quarto delle vittime di tratta in Europa è composto da
minorenni e l’obiettivo principale dei
trafficanti di esseri umani è lo sfruttamento sessuale, che
in Italia è in crescita costante. Le vittime accertate sono 1.660, con un numero
sempre maggiore di minorenni coinvolti, cresciuti in un anno dal 9% al 13%.
Anche sulle 20.500 vittime registrate
complessivamente nell'Unione nel biennio 2015-16, il 56% dei casi riguarda la
tratta della prostituzione, con un pur consistente 26%
legato allo sfruttamento lavorativo.
“Non si può ignorare
il fatto che il fiorente mercato dello sfruttamento sessuale delle
minorenni in Italia è legato alla presenza di una forte
‘domanda’
da parte di quelli che ci rifiutiamo di definire ‘clienti’,
i quali sono parte attiva del processo”
Anche se non rappresenta il principale
obiettivo del sistema della tratta, lo sfruttamento lavorativo
in Italia è in crescita e nel 2018 gli illeciti registrati
con minori vittime, sia italiani che stranieri, sono stati 263, per il
76% nel settore terziario. Il
numero maggiore di violazioni sono state segnalate nei servizi di
alloggio e ristorazione (115) e nel commercio (39), nel
settore manifatturiero (36), nell'agricoltura (17) e nell'edilizia (11).
Piccoli
Schiavi Invisibili propone quest’anno al suo
interno la graphic novel ‘Storia di
Sophia. Una vittima di tratta. Una ragazza’,
illustrata dal fumettista Roberto
Cavone, che racconta
la storia vera di un’adolescente nigeriana.
Sfruttamento
sessuale, il 64% delle ragazze proviene dalla Nigeria
Provengono
dalla Nigeriao
dai Paesi dell’est europeo e dai Balcanile ragazze che sono maggiormente
esposte al traffico delle organizzazioni e reti criminali,
che poi gestiscono in Italia un circuito della prostituzione in
continua crescita. Il numero delle vittime di tratta minori e
neo-maggiorenni intercettate in sole cinque regioni (Marche, Abruzzo, Veneto, Lazio e
Sardegna) dagli operatori del progetto Vie d’Uscita
di Save the Children
è infatti cresciuto del 58%, passando dalle 1.396 vittime
del 2017 alle 2.210 nel 2018, mentre i Paesi di origine sono per il
64% la Nigeria e per il 34% Romania,
Bulgaria e Albania.
Il
sistema nigeriano
Il business della tratta internazionale a
scopo di sfruttamento sessuale adottato in Italia dalla mafia nigeriana
si basa su un sistema che si adatta al mutare delle condizioni.
Un
esempio: l’adescamento con la
falsa promessa di un lavoro in Italia di vittime nella Nigeria del sud,
avveniva in gran parte a Benin
City (Edo
State), ma sembra essersi
spostato più a sud, nel Delta
State, anche per ovviare agli
effetti di un editto della massima autorità religiosa del
popolo Edo, Ewuare
II, che nel 2018 ha dichiarato nullo il rito juju,
utilizzato dai trafficanti per sottomettere le giovani vittime,
disarticolando, purtroppo solo temporaneamente, l’intera rete
di controllo.
Le
ragazze e le donne nigeriane, giunte in
Italia dopo un viaggio attraverso la Libia e via mare dove subiscono
abusi e violenze, devono restituire alla mamam, la figura femminile che
gestisce il loro sfruttamento, un debito di viaggio che raggiunge i
30mila euro
e sono costrette a ‘lavorare’
fino a 12
ore tutte le notti, anche per 10-20 euro a prestazione, raccogliendo
dai 300 ai 700 euro al giorno.
"Buona
parte dei soldi, sottolinea Save the
Children, serve per
pagare vitto, alloggio e vestiti, spesso anche per
l’affitto del posto in strada dove si prostituiscono (joint),
e l’estinzione del debito diventa quasi
irraggiungibile”
Dalle
strade alle Connection-House
I
trafficanti hanno inoltre spostato il
circuito della prostituzionedai luoghi
più facilmente
identificabili, come le piazzole lungo le provinciali o le
maggiori
arterie stradali, verso
luoghi ‘meno
visibili’, il
cosiddetto giro walk, come le fermate dei bus o i parchi, oppure
all'interno delle case, che in alcuni casi sono connection-house,
gestite e frequentate prevalentemente da connazionali, come quelle
segnalate dagli operatori in Campania e Piemonte.
Albanesi,
bulgare e rumene. Il reclutamento e finti "Lover Boy"
Sulle
nostre strade è rimasta
costante la presenza di ragazze di origine rumena o bulgara,
ma si
segnala un aumento delle ragazze di origine albanese. Un
ritorno che
riguarda anche i gruppi criminali albanesi in Italia, secondi solo a
quelli nigeriani.
Il
reclutamento delle vittime nei Paesi di
origine avviene con metodi sempre più efficaci.
In Romania,
lo confermano diverse testimonianze, ci sono le
‘sentinelle’ dei trafficanti che individuano in
anticipo negli orfanotrofi le ragazze che stanno per lasciare le
strutture al compimento dei 18 anni, e mettono in atto un adescamento
basato su finte promesse d’amore e di un futuro felice in
Italia.
I
finti “lover
boy” che
sono affiancati ad ogni ragazza lungo il periodo di sfruttamento in
Italia, che può durare anni, esercitano un controllo totale
e violento, come nel caso, riportato dagli operatori, di una ragazza
rimasta incinta indotta ad entrare in una vasca riempita di cubetti di
ghiaccio per indurre l’aborto per shock termico.
Il
sistema nazionale anti-tratta adottato nel 2016 non è stato
ancora rifinanziato dall'attuale governo
La
risposta del sistema italiano di tutela
delle vittime è ancora frammentaria “ed
è necessario potenziarla”
spiega il dossier. Lo ha
rilevato anche il gruppo di esperti del Consiglio d’Europa
che nel 2018 ha condotto una valutazione del quadro normativo e
istituzionale nel nostro Paese rispetto all'applicazione della
Convenzione Europea in materia.
Secondo Save the Children il primo "Piano
Nazionale d’Azione contro la tratta" adottato
dai governi
Renzi e Gentiloni nel 2016 per tracciare le linee guida del contrasto e
della prevenzione ha rappresentato un passo positivo importante, ma
è scaduto a dicembre 2018 e non è stato ancora
definito un secondo piano dall'attuale governo.
Per quanto riguarda il "Programma
Unico di
Emersione", che racchiude le misure concrete per
l’emersione,
l’assistenza e l’integrazione sociale delle
vittime, il finanziamento è stato potenziato dall'attuale
governo e ammonta a 24 milioni per il triennio 2019-2021.
Vie
d'Uscita
L’organizzazione di Save the
Children ha attivato dal 2012 il progetto "Vie
d’Uscita",
realizzato in Marche,Abruzzo, Veneto, Lazio, Calabria, Sardegna e
Piemonte.
Nel 2018 Vie d’Uscita ha sostenuto 32 percorsi di
avviamento all'autonomia di vittime fuoriuscite dal sistema di
sfruttamento.
Dal
2016, Save the Children ha poi attivato
la "Help-line
Minori Migranti" per offrire sostegno a minori stranieri
non accompagnati e a chi ha necessità di ricevere
informazioni ad hoc, dai familiari dei minori agli operatori delle
strutture di accoglienza, dai volontari ai comuni cittadini.
Il
servizio, gratuito e multilingue,
è attivo dal lunedì al venerdì, dalle
10 alle 17, al numero verde 800141016.
"Piccoli
Schiavi Invisibili 2019"
Rapporto
Save the Children sulla tratta e lo sfruttamento di minori
Anticipò
in un romanzo l’omicidio di una prostituta nigeriana. Ora è
latitante.
Daniele Ughetto Piampaschet,
uccise Anthonia Egbuna. Condanna a 25 anni confermata dalla Cassazione
Daniele
Ughetto Piampaschet, uccise Anthonia Egbuna,
nigeriana allora ventenne, e poi gettò il suo corpo nel
fiume Po’. Condannato
definitivamente a 25 anni, è sparito nel nulla.
Qualcuno lo ha soprannominato lo “scrittore assassino“,
e secondo la Cassazione lo è, visto che lo ha condannato in
via definitiva. Daniele
Ughetto Piampaschet è accusato di aver
anticipato in un libro i contorni del delitto, che poi avrebbe
commesso. Ora
l’aspirante romanziere torinese è latitante, non ha atteso le manette
ed è svanito nel nulla.
Deve
scontare 25 anni di carcere, ma dal 3 luglio ha
fatto perdere le sue tracce e le ricerche, fino ad ora,
sono state
senza esito. Il Piampaschet si è sempre dichiarato innocente
per
il delitto della ragazza nigeriana con cui ha avuto anche una breve
relazione.
La
ragazza fu trovata senza vita, con segni di numerose
coltellate, il 26
febbraio 2012 sul greto del Po’, nel torinese. Un
particolare già scritto in precedenza da Daniele Ughetto nel
suo
romanzo, e mai pubblicato, ‘La
rosa e il leone’. Coincidenza
inquietante, che aveva attirato su di lui i sospetti.
Una
lunga odissea giudiziaria
Ma
non tutti negli anni lo hanno ritenuto colpevole,
infatti la sua è stata una vera odissea giudiziaria. Fu
assolto
in primo grado, poi fu condannato in appello a 25 anni e 6 mesi per
omicidio volontario, era il 2015. Nel 2016 la Cassazione aveva
annullato la sentenza e rinviato il caso alla Corte d’assise d’Appello.
Un via vai dalle aule fino allo scorso 2 giugno, quando è
arrivata la condanna definitiva.
“L’attesa
giudiziaria mi ha cambiato la vita. Ora vivo
in campagna con la mia famiglia. Conduco una vita raccolta, sto
ristrutturando un casolare e continuo a scrivere“, aveva
detto dopo uno
dei tanti processi. Ma il carcere no, e quando i carabinieri si sono
recati a Giaveno
(Torino)
per arrestarlo, lui non c’era. C’era
però il padre che li ha aggrediti rimediando un arresto per
resistenza a pubblico ufficiale.
Ora
di Daniele Ughetto Piampaschet non si sa nulla, il
telefono è staccato, e gli appelli degli investigatori e del
suo
avvocato difensore sono caduti nel vuoto. Chi lo conosce pensa si sia
nascosto in qualche cascinale, magari per scrivere un altro capitolo
della sua vita, cercando di evitare che siano i giudici a scriverlo per
lui.
Lo scorso anni, dopo la condanna in secondo grado,
il
pubblico ministero aveva chiesto l’arresto ma il giudice non
ritenne
fondato “il
pericolo di
fuga“
e il Piampashet rimase in libertà
in attesa della sentenza definitiva. Una motivazione clamorosamente
smentita dai fatti di questi giorni.
Raccontammo
la triste vicenda di Anthonia nel nostro libro “Storie Vere”
Stop
alla Tratta di Ragazze Nigeriane in Italia. Mai
più Schiave
(Who, What, Where, When, Why)
Ragazze ingannate, violentate, spesso
vendute dalle loro stesse famiglie in cambio di pochi dollari, portate
in Europa dalla Mafia Nigeriana, violenta e senza scrupoli per la vita
umana, schiave nel senso letterale del termine, costrette a pagare
anche l'aria che respirano. Minacciate le loro stesse, minacciata la
loro famiglia in Nigeria, private dei documenti personali, costrette a
prostituirsi fino a che quel dannato debito non viene estinto. Ragazze
che per uscire dalla povertà accettano un viaggio senza
ritorno.
La nostra è una denuncia
forte contro i trafficanti di queste schiave e la mafia nigeriana che
costringe queste ragazze, sempre più spesso minorenni, a
prostituirsi in Italia e in Europa. È anche una denuncia
forte contro il senso comune, che continua ancora a chiamare queste
donne-schiave "prostitute".
WHO(Chi)Chi
è quella Ragazza?
Quel corpo seminudo ai bordi di una
strada buia di periferia?. Merce in vendita di una società
edonista e mercantile. Che la compra e la vende, insieme a moltissime
altre ragazzine come lei. Le chiamano prostitute, quando va bene.
Più spesso gettano loro addosso i vocaboli più
dispregiativi.
La maggior parte sono ragazze
giovanissime, quasi tutte immigrate: 15, 20 forse 30 mila sono
nigeriane. Vittime della povertà e dell'ingiustizia, di una
vita che non è degna di essere vissuta, molte di queste
ragazze si ritrovano ingannate da promesse fittizie, dal miraggio di
un'esistenza migliore, di un altrove fatto di benessere e
felicità: finiscono col ritrovarsi schiave sessuali, in una
situazione di vulnerabilità e povertà ancora
peggiore di quella da cui vengono, sradicate in un Paese straniero,
clandestine, senza identità né dignità.
Le chiamano prostitute, ma sarebbe
meglio chiamarle prostituite. Costrette a vendere se stesse,
corpi-merce di un traffico che ha preso la forma intollerabile di una
delle peggiori schivitù contemporanee. Donne vittime della
tratta, donne a pezzi, che cercano di liberarsi dalle catene di una
prigionia fatta di minacce e ricatti, di riti woodoo e di violenze, di
umiliazioni e paura.
Molte sono MORTE sulla strada, molte
sono uscite abbruttite, svuotate dei loro valori profondi, annientate
nella loro autostima, incapaci di recuperare il senso della vita e dei
loro valori femminili, negati e deturpati. Qualcuna ce l'ha fatta,
trovando conforto e protezione in molte persone e associazioni che in
Italia come in Nigeria hanno detto BASTA A QUESTO VERGOGNOSO TRAFFICO!
WHAT(Cosa)La
Tratta di giovani ragazze, anche minorenni
La tratta di donne ai fini dello
sfruttamento sessuale è, secondo le Nazioni Unite, la terza
attività più redditizia al mondo, dopo il
traffico di armi e di droga. Ed è diffusa in maniera
capillare e ramificata in tutto il mondo. La "mafia
nigeriana" è tra le più potenti e
organizzate. A più livelli. A quello più basso si
trovano le mamam, spesso ex-prostitute loro stesse, che gestiscono le
ragazze quando arrivano in Italia, le avviano alla prostituzione e
raccolgono i pagamenti.
Le ragazze sono tenute a rimborsare
un debito spropositato: dai 30 ai 50 mila euro. Ogni loro prestazione "costa" al massimo
20 euro. Spesso anche di meno. E quindi la loro schiavitù
più durare anche diversi anni.
A un livello intermedio di questa
rete, il potere passa agli uomini che si occupano della logistica del
traffico da Benin City
a Lagos e da lì all'Europa. Alla fine degli anni '90 il "viaggio" si faceva
in aereo con documenti falsi, passando soprattutto per Parigi, ma anche
da Amsterdam e Madrid per poi arrivare a Torino, piuttosto che a
Palermo, Roma o Napoli. Oggi, con i controlli molto più
rigidi, il "viaggio"
avviene quasi sempre attraverso il deserto, da Benin City a Lagos e da
lì in Libia, attraversando il Niger e il deserto. Ed infine
in Italia sui barconi della morte.
Poi, a un livello più
alto, si trovano i veri e propri trafficanti che stanno in Nigeria: una
struttura ben organizzata, potente, ramificata, con molti contatti,
capace di corrompere ad alti livelli, con legami con governi e
ambasciate, e addentellata in tutta Europa. Una vera e propria
organizzazione a delinquere, in grado di trafficare documenti e visti
su scala trans-nazionale, oltre che ragazze spesso minorenni.
In Italia sono in molti a lottare
contro questo traffico, dalle forze dell'ordine alle numerose
associazioni e organizzazioni religiose e del privato sociale. Si
occupano di perseguire i trafficanti, ma soprattutto di sensibilizzare
e prevenire, di accogliere le ragazze che escono dalla strada e di
avviarle verso percorsi di recupero che restituiscano loro
DIGNITÀ e una prospettiva di futuro.
WHERE(Dove)La
Nigeria
La
Nigeria, il "gigante
d'Africa". BENIN
CITY, la
città dove tutto è cominciato. Un'Africa che sta
cambiando in maniera impressionante e caotica. Un'Africa dove restano
forti alcuni riferimenti tradizionali, la famiglia, il villaggio,
valori e norme di comportamento, ma anche superstizioni e stregoneria,
e dove sempre più si impongono stili di vita e modelli
culturali di tipo occidentale, spesso legati a logiche consumistiche e
materialistiche.
E in tutto questo si inserisce Boko
Haram, i miliziani islamici che provocano terrore da anni nelle regioni
del Nord della Nigeria, e le violenze contro i cristiani, i rapimenti
di ragazze, la distruzione di villaggi, gli attentati quasi quotidiani.
Il connubio talvolta è un
ibrido inquietante. Come a Benin
City, centro dei traffici di ragazze
verso l'Europa e specialmente l'Italia. Qui la povertà
è diffusa ed è evidente e stride in maniera
sconcertante con alcuni simboli di ricchezza e potere ben esibiti: Suv
americani, campi da golf, ville sontuose e protette come fortezze. E
lì accanto, la miseria ed il degrado.
Ma Benin City non
è che
un piccolo specchio della Nigeria, un Paese dai forti contrasti,
ricchissimo di petrolio e vergognosamente povero: il 92,4 per cento
della popolazione vive con meno di due dollari al giorno. La vita costa
poco e non vale quasi niente. Bastano pochi spiccioli per mangiare il
solito piatto di riso e pesce secco, ma per pochi spiccioli una
famiglia può "vendere"
il proprio bimbo come domestico (o
la
propria bimba) nelle case di chi sta un po' meglio. O una "ragazza"
può vendere se stessa per cercare di sopravvivere e di far
sopravvivere la propria famiglia.
Il sogno è di andarsene:
l'Europa, l'altrove, il paradiso immaginato, inseguito, voluto ad ogni
costo. Molte ci provano in tutti i modi a raggiungerlo. Molti, i
trafficanti di ragazze, si sono ben organizzati per renderlo possibile.
Ma a carissimo prezzo!
WHEN(Quando)Quando
è cominciato
Negli ANNI OTTANTA,
il traffico di ragazze nigeriane destinate allo sfruttamento sessuale
era una delle tante attività illegali gestite dai nigeriani.
Poi si è consolidato nei decenni successivi, diventando una
vera e propria "impresa"
ben strutturata e particolarmente redditizia. Sin dall'inizio hanno
avuto come punti di approdo e "smistamento"
Torino e l'area di Castel Volturno, in provincia di Caserta. E come
base
logistica, organizzativa e di "reclutamento"
Benin City.
A Castel Volturno, in
particolare, mafia
nigeriana e camorra
nel tempo hanno stretto alleanze e oggi è considerata una
vera e propria roccaforte della mafia nigeriana in Italia.
Qui, molte ragazze provano
innanzittutto a cavarsela con lavoretti informali, che rappresentano
spesso l'unica possibilità di guadagnare qualche soldo. Per
tante il sogno è di fare la parrucchiera. E con il miraggio
di questo sogno semplice molte sono state convinte a partire. Un
inganno che le ha portate a sopportare viaggi impossibili: la
traversata nel deserto del Sahara e poi del Mediterraneo, dove molte
hanno perso la vita. Chi
ce la fa finisce su una strada.
QUANDO
IL SOGNO SI TRASFORMA IN UN
INCUBO. Eppure alcune ragazze sono riuscite a liberarsi da
questa
schiavitù. Molte sono rimaste in Italia, dove hanno provato
a fare altro e a ricostruirsi una vita. Alcune sono rientrate in
Nigeria. A Benin City c'è qualcuno che le aspetta: le
religiose italiane, insieme a quelle nigeriane, con la collaborazione
di Caritas Italiana, della CEI e dei salesiani, hanno realizzato una
casa di accoglienza per ospitare quelle che tornano e hanno bisogno di
sostegno. QUANDO IL
VIAGGIO NON È A SENSO UNICO.
WHY(Perché)Perché
hai fame
Perché
hai fame e ascolti il tuo stomaco. Prima di ogni altra
cosa. Perché a scuola non c'è posto per te. Ci
sono stati i tuoi fratelli maschi, non c'erano abbastanza soldi per
pagare tasse e libri per tutti. A casa, le bambine, aiutano la mamma.
Tanto lì ci sono tante cose da fare. Solo che quando diventi
grande, di lavoro non ne trovi mai.
Perché
manca sempre tutto: l'acqua
in casa, quando hai una casa vera e non una baracca, e i soldi per fare
la spesa. E manca la benzina alla pompa. E allora ci si
mette in fila, anche per giorni. Eppure la Nigeria produce
un'enormità di petrolio. Ma per gli altri!
Non
c'è lavoro e non c'è giustizia. E
c'è chi non ha niente e chi ha troppo, e se ne va in giro
con l'ultimo modello di Suv americano o va a giocare a golf e ha la
mega-villa fortificata come una fortezza.Perché altrove
è meglio. Altrove non può che essere meglio che
qui. Altrove ci sono tanti soldi e si può fare una bella
villa. E guadagnare un po' per aiutare la famiglia.
Perché
quello che è capitato alle altre non può capitare
a me. Quei racconti, tutte storie! Perché io
sono più intelligente e più furba, e
farò la parrucchiera o la cameriera. Perché
quando un sogno nasce dallo stomaco non credi a chi vuole demolirtelo,
prima ancora che provi a realizzarlo. Perché sognare
è l'unica cosa che ti resta quando non hai più
nient'altro. E PER UN
SOGNO SI PUÒ ESSERE DISPOSTI A TUTTO.