Riciclaggio e tratta. Sgominata banda di nigeriani operativa tra Marche e Abruzzo

Vasta operazione della polizia di Stato di Teramo denominata "The Travelers". Arrestati otto nigeriani, uno è ricercato. In meno di un anno oltre cento viaggi per portare il denaro frutto dello sfruttamento della prostituzione in Nigeria. 7,5 i milioni di euro riciclati.

Mafia nigeriana, sistema nazionale di riciclaggio e prostituzione

La Polizia di Stato di Teramo ha eseguito una vasta operazione, denominata "The Travelers", nei confronti di cittadini nigeriani accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dell'illecita intermediazione finanziaria, auto-riciclaggio e riciclaggio tras-nazionale, tratta di esseri umani e sfruttamento della prostituzione.

Le indagini degli investigatori della Squadra mobile con la collaborazione del Reparto prevenzione crimine "Abruzzo" di Pescara e delle Squadre mobili di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia dell'Aquila, hanno accertato "l'esistenza di un'associazione a delinquere, con basi operative nelle province di Teramo, Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, composta tutta da cittadini nigeriani dedita al riciclaggio ed all'auto-riciclaggio verso la Nigeria, attraverso viaggi in aereo, di ingenti somme di denaro, abilmente occultate all'interno dei bagagli al seguito, provenienti dallo sfruttamento sessuale di giovani nigeriane e da ulteriori attività illecite"

Dall'inchiesta è emersa l'esistenza di "un sistema capillarmente diffuso su tutto il territorio nazionale che costituisce un meccanismo strutturato e transazionale di raccolta del risparmio o di riciclaggio ed auto-riciclaggio attraverso il meccanismo dell'hawala"

"Hawala", un sistema per inviare denaro che non lascia tracce

L’illecito trasporto di denaro veniva svolto dietro un compenso pari ad una percentuale della somma che il committente vuole far recapitare in Nigeria, percentuale che diminuisce al crescere della somma consegnata. Si è accertato come il denaro che il committente vuole far arrivare in Nigeria viene anticipato al destinatario su base fiduciaria dall’havaladar, che si trova in Nigeria, e che ne rientrerà in possesso solo dopo che l’havaladar, che opera in Italia, gli porterà fisicamente il denaro raccolto in questo paese dagli ordinanti.

Nello specifico all'interno della predetta associazione criminale alcuni dei membri svolgono il ruolo di collettori ossia di coloro che ricevono dai committenti dapprima l’incarico (principalmente tramite contatto telefonico o sms) e poi materialmente il denaro che si intende inviare in Nigeria. Il collettore successivamente, anche a brevissima distanza di tempo (generalmente tramite sms o messaggio whatsapp) fornisce al committente un codice identificativo numerico o alfa numerico che servirà al destinatario in Nigeria per poter ritirare subito il denaro (in “naira”, valuta nigeriana) dal corrispondente in Nigeria dell’associazione.

Vi sono poi membri dell’associazione con lo specifico ruolo di corrieri, ossia di coloro che provvedono a ritirare materialmente le somme di denaro consegnate dai committenti per il loro trasporto in Nigeria con viaggi aerei. Tale denaro, una volta giunti a destinazione viene consegnato al gestore dell’Ufficio in Nigeria (gestito da un familiare o da un fiduciario) che si è occupato della preventiva consegna al destinatario.

In Nigeria non solo il denaro derivante dallo sfruttamento della prostituzione, ma un vero e proprio business al servizio della comunità nigeriana

Gli appartenenti al sodalizio trasportano abitualmente in Nigeria, sempre per via aerea, non solo il denaro frutto dello sfruttamento sessuale, ma anche somme di denaro (di provenienza più o meno illecita) consegnato loro da numerosi connazionali, dimoranti nelle Marche ed in Abruzzo, il tutto in violazione delle norme in materia di raccolta del risparmio e di intermediazione finanziaria. Il meccanismo è consolidato su scala nazionale e comporta il trasferimento illecito di imponenti somme dall'Italia verso la Nigeria.

Solo nel corso dei controlli effettuati con la collaborazione della Polizia di Frontiera e dell’Ufficio delle Dogane presso l’aeroporto di Fiumicino, sui “corrieri” dell’associazione prima che si imbarcassero per voli diretti in Nigeria, gli stessi sono stati trovati in possesso di oltre 400.000 euro. Nel corso dell’indagine (meno di un anno) i corrieri indagati si sono complessivamente recati in Nigeria circa 100 volte per trasportare illecitamente i soldi consegnatigli dai committenti ne consegue che secondo una stima indicativa la somma illecitamente trasportata in Nigeria corrisponde a 7 milioni 500 mila euro.

Proporzionando queste cifre al fenomeno nazionale si ricava un flusso impressionante di denaro (in parte proveniente dallo sfruttamento sessuale delle giovani donne vittime di tratta, ma anche da altri gravi reati posti in essere da tali sodalizi) che viene trasferito in Nigeria al di fuori dei canali finanziari tradizionali per essere poi immesso nel paese africano in circuiti bancari locali per giungere, ormai ripulito, nelle mani delle organizzazioni criminali che li utilizzeranno per successive attività illecite o per investimenti "leciti"

Gli arresti

Degli otto arrestati due stavano per imbarcarsi a Roma Fiumicino su un volo per tornare in Nigeria, un terzo complice è stato bloccato sull'autostrada A24, al casello di Teramo, Una delle persone sottoposte a custodia cautelare si è resa irreperibile e ora è attivamente ricercata su tutto il territorio nazionale.

Sono dunque otto su nove le misure di custodia cautelare in carcere eseguite per associazione a delinquere eseguite fra Marche e Abruzzo dalla Squadra mobile di Teramo nell'ambito dell'operazione coordinata dalla DDA dell'Aquila. Gli arrestati sono 4 uomini e 4 donne fra i 24 e i 42 anni. Sono accusati di far parte di un'organizzazione specializzata nell'illecita intermediazione finanziaria, auto-riciclaggio e riciclaggio transnazionale e nella tratta di esseri umani, in particolare di connazionali da sfruttare sessualmente in Italia.

Facendo la spola in aereo tra l'Italia e la Nigeria, i componenti della banda trasportavano non solo il denaro ricavato dalla prostituzione, ma anche somme consegnate da connazionali che si erano trasferiti nelle Marche e in Abruzzo.

Le banconote in mazzette arrotolate venivano nascoste nelle valige. I 'corrieri' finiti nei controlli all'aeroporto di Fiumicino sono stati trovati in possesso di oltre 400mila euro e, in totale, in meno di un anno, erano tornati in Nigeria almeno un centinaio di volte per trasportare illecitamente il denaro.

Si stima che il denaro contante trasportato illecitamente in Nigeria abbia raggiunto la ragguardevole somma di sette milioni e mezzo di euro in meno di un anno

News dall'Africa

Rapporto OIM, in aumento il numero di ragazze potenzialmente vittime di tratta

Non solo dalla Nigeria, ora stanno arrivando anche dalla Costa d'Avorio. Nuovo rapporto OIM. “Spesso già sfruttate in Tunisia e Libia, sono a rischio di re-trafficking in Italia”. Gli arrivi di donne ivoriane è aumentato in modo esponenziale, passando dall'8% al 46%.

Rapporto OIM, in aumento il numero di ragazze potenzialmente vittime di tratta

In occasione delle celebrazioni per la Giornata Europea contro la Tratta, una delle forme di schiavitù moderna più diffusa del ventunesimo secolo, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) pubblica un rapporto su un nuovo fenomeno di sfruttamento recentemente emerso a seguito dell’analisi dei flussi migratori lungo la rotta del Mediterraneo Centrale.

Aumento esponenziale delle donne ivoriane in arrivo con i "barconi"

Un aumento di donne in arrivo dalla Costa d'Avorio passato nell'ultimo anno dall'8 al 46%. Tutte a grave rischio sfruttamento. Nel corso dell’ultimo anno l’OIM, presente nei principali punti di sbarco italiani con diversi team anti-tratta, ha rilevato un aumento della presenza di ragazze provenienti dalla Costa d’Avorio. “Abbiamo ragione di credere che molte di queste ragazze siano purtroppo vittime di tratta a scopo di sfruttamento lavorativo e a volte anche sessuale”, spiega Laurence Hart, direttore dell’Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo dell’OIM. I numeri relativi agli arrivi via mare dei migranti provenienti dalla Costa d’Avorio rivelano come, a una riduzione del numero complessivo dei migranti di nazionalità ivoriana in ingresso in Italia negli ultimi anni, corrisponda il progressivo aumento della percentuale di donne coinvolte, dall’8% sul totale dei migranti di questa nazionalità sbarcati nel 2015 al 46% del 2019.

C'è chi paga il viaggio, ma poi si rivale sfruttando

Nella maggioranza di casi il Paese di partenza è la Tunisia, e, dai colloqui che abbiamo avuto con queste giovani ragazze, pare evidente che ci troviamo di fronte a quello che può essere definito un fenomeno di re-trafficking

Sottoposte a "servitù domestica" in Libia o in Tunisia, maltrattate e private della libertà personale, abusate dai loro "padroni", vengono vendute ai trafficanti per essere portate in Italia e sfruttate di nuovo. Il fenomeno del re-trafficking di ragazze della Costa d'Avorio è paurosamente aumentato

Molte, reclutate nel loro paese per lavorare come domestiche o cameriere, diventano invece vittime di servitù domestica una volta arrivate in Tunisia o in Libia, dove sono sottoposte a maltrattamenti, violenze e privazione della libertà personale, nonché costrette a subire abusi sessuali da parte dei loro sfruttatori. A questa fase ne segue un’altra, che prevede un ulteriore sfruttamento in Europa organizzato da persone che si dicono disposte a farsi carico dell’organizzazione e dei costi della traversata nel Mediterraneo, ma che poi hanno intenzione di sfruttare le vittime una volta giunte in Italia o in altri paesi dell’Unione Europea

La liberazione dagli aguzzini

Dopo lo sbarco in Italia alcune di queste vittime, consapevoli di poter incorrere in una rinnovata condizione di sfruttamento, hanno deciso di chiedere aiuto all’OIM per potersi finalmente liberare dai loro aguzzini. “La scoperta di questo circuito di sfruttamento dimostra ancora una volta come dietro ai numeri degli sbarchi ci siano storie molto drammatiche, di cui spesso si sa troppo poco. Non possiamo fare a meno di pensare alle ragazze ivoriane morte lo scorso 7 ottobre nel corso del naufragio avvenuto al largo di Lampedusa, una tragedia che ci riporta alla memoria l’altro drammatico incidente che nel 2017 causò la morte di 26 ragazze nigeriane, anche loro probabili vittime di tratta

In aumento il numero di prostitute-schiave in Italia

La lunga lotta anti-tratta

Occorre fare di più per proteggere questi gruppi di ragazze vulnerabili, che non solo subiscono una lunga serie di abusi e violazioni di diritti umani, ma poi si trovano costrette a rischiare di morire in mare

Come OIM ribadiamo la nostra volontà a continuare a impegnarci nella lotta alla tratta di esseri umani, promuovendo attività di identificazione e di protezione delle vittime rafforzando l’esistente stretta collaborazione con Procure, Forze dell’Ordine, Ministeri e organizzazioni che lavorano sul territorio

Dossier Save the Children sulle vittime di tratta. 1400 adolescenti schiave prostitute

I trafficanti le portano dalla Nigeria e dall'Est Europa. E le tengono sempre più nascoste, per sfuggire ai controlli. Il rapporto "Piccoli Schiavi" dà voce alle associazioni, preoccupate per le conseguenze del decreto Sicurezza.

Dossier Save the Children sulle vittime di tratta. 1400 adolescenti schiave prostitute

Adesso le nascondono. Le tengono segregate in appartamenti, o le portano lungo strade sempre più periferiche, isolate. E ovviamente le picchiano per non parlare, a Palermo come a Torino e in Germania. Sono le vittime della tratta sessuale, schiave giovanissime, neo maggiorenni o ancora bambine, costrette a vendersi da una rete di trafficanti che prima le obbligano a partire e poi a prostituirsi.

Il dramma della tratta delle schiave dalla Nigeria e dall'Est Europa, all'Italia e all'Europa è al centro del nuovo rapporto sui “Piccoli schiavi invisibili” di Save The Children. La Onlus, con il progetto “Vie d'uscita”, ha permesso l'anno scorso a 31 vittime di trovare un futuro, di uscire allo sfruttamento. Gli operatori in sole cinque regioni hanno incontrato oltre mille adolescenti sfruttate sessualmente. Mille e quattrocento schiave, obbligate a vendersi al costo di ferite fisiche e psicologiche talmente buie da cancellare le parole stesse per spiegarsi.

Le nuove forme di controllo e sfruttamento

L'ultima relazione semestrale della Direzione investigativa Antimafia ha dedicato ampio spazio al tema della tratta. A dicembre del 2018 la polizia ha arrestato otto nigeriani della confraternita “Eiye” a Torino, accusati di associazione di tipo mafioso, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione.

A marzo era stata la volta di Palermo, ad aprile di Cuneo; a maggio grazie alla denuncia di una minorenne, costretta a prostituirsi insieme a un'amica a Giugliano, è stata fermata una rete di sfruttamento a Napoli. Il mese scorso un'altra operazione, fra Palermo, Napoli, Dervio, in provincia di Lecco, e Bergamo ha fermato quattro uomini. Sono nigeriani, liberiani e italiani, tra cui un 78enne che faceva da vedetta e accompagnava le ragazze nelle zone di prostituzione.

Il controllo dei trafficanti infatti è totale. E così il loro tentativo di non perdere la “merce”, le ragazze. Daniela Moretti del Servizio anti-tratta “Roxanne” del Comune di Roma, spiega nel rapporto di Save the Children come i trafficanti cerchino infatti di occultare sempre più la presenza delle minorenni sul territori. Ricorrendo alla prostituzione in appartamento ad esempio piuttosto che in strada, dove è più facile vengano individuate dagli operatori. Questo rende sempre più difficile la possibilità di entrare in contatto con loro e di offrire percorsi di protezione.

«In Piemonte, e nello specifico nell’astigiano, è stato segnalato da Alberto Mossino di PIAM un aumento delle connection houses, ovvero case chiuse, ma aperte solo per uomini africani, in cui le ragazze possono affittare un posto letto il cui pagamento sarebbe garantito con i proventi derivanti dalla prostituzione», spiega il dossier sui “Piccoli Schiavi”: «Anche Andrea Morniroli di Dedalus ha riconosciuto come nella città di Napoli e provincia l’indoor rappresenti una modalità di sfruttamento assai diffusa e si stiano progressivamente sviluppando diverse connection houses». Morniroli ha raccontato come cercano comunque di entrare in contatto con le ragazze per offrire aiuto: «In questi casi si procede via telefono. Inizialmente ci si finge clienti al fine di capire il tipo di prestazioni offerte e quale sia il livello di autonomia. Molto spesso, componendo lo stesso numero non si riesce a parlare con la stessa persona e scopri che tre persone hanno 15 numeri diversi, così inizi a pensare ci sia un’organizzazione alle spalle»

È difficile, ma tentano lo stesso, continuamente, a spiegare alle ragazze le possibilità che offre loro il paese per salvarsi. Possibilità che esistono, sono radicate. Ma hanno bisogno di fondi, risposte legali, e standard di intervento sui documenti da parte delle questure. Proprio sul punto dei permessi si aprono oggi nuovi rischi, a causa del decreto Sicurezza voluto dal ministro dell'Interno Matteo Salvini.

Le conseguenze del decreto sicurezza

Lo stesso governo, il Conte uno, che ha aumentato i fondi per le iniziative anti-tratta (24 milioni di euro dal 2019 al 2021) ha voluto infatti un decreto che indebolisce gli strumenti con cui gli operatori possono aiutare le vittime. Con il Decreto sicurezza, spiega il rapporto di Save the Children, è stata abolita la protezione per motivi umanitari, ovvero il modello di permesso più utilizzato per le ragazze sfruttate. Che ora si troveranno in condizioni di non poterlo rinnovare. A meno di non riuscire a ottenere un nuovo visto di soggiorno per “casi speciali”, fra cui la violenza domestica e il grave sfruttamento.

Per le vittime di tratta esisterebbe da tempo un altro strumento, la protezione sociale “ex art.18”, ma il modo con cui viene accordata varia a seconda della Questura di appartenenza. Spesso viene infatti chiesto che la vittima, per ottenere il documento, denunci dettagliatamente le persone che l'hanno costretta a prostituirsi. Una denuncia che le espone, di fatto, a una vendetta dei trafficanti. Di cui hanno paura, per sé o per la propria famiglia. Da tempo le associazioni chiedono che vengano stabilite linee guida perché alle ragazze che si ribellano e iniziano un percorso di reinserimento sia riconosciuto un permesso, a prescindere dalla denuncia.

Ci sono poi altre due conseguenze del decreto Sicurezza. Con la chiusura dell'accesso nelle piccole strutture comunali della rete Sprar per la prima accoglienza, le ragazze si ritrovano oggi nei centri straordinari. Dove è maggiore il numero di persone e spesso inferiore la preparazione dei gestori. Così è difficile che i responsabili si accorgono dei segnali di disagio di una vittima o di una potenziale sfruttata. Lasciandola in balia dei trafficanti, anche all'interno stesso del centro. Infine, secondo il decreto Salvini chi ha un permesso di protezione internazionale non può iscriversi all'anagrafe.

«E benché l’accesso ai servizi, come l’iscrizione sanitaria, ai sensi del Decreto, sia assicurato nel luogo del domicilio, la residenza rappresenta di fatto la chiave per l’esercizio effettivo di alcuni diritti fondamentali riconosciuti dalla nostra Costituzione. Inoltre alcune ASL continuano a richiedere la residenza, ostacolando l’accesso al servizio sanitario. Che rappresenta uno degli strumenti essenziali per garantire assistenza alle vittime di sfruttamento sessuale»

Non chiamateli clienti

Trovare ogni mezzo per abolire questo business orrendo deve invece restare una priorità. Legale. Ma anche culturale. «Non si può ignorare il fatto che il fiorente mercato dello sfruttamento sessuale delle minorenni è legato alla presenza di una forte “domanda” da parte di quelli che ci rifiutiamo di definire “clienti”, i quali sono parte attiva del processo di sfruttamento. È necessario rafforzare l’azione di contrasto e, allo stesso tempo, promuovere iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica e in particolare i più giovani sui danni gravissimi che questo mercato provoca sulle ragazze che ne sono vittima»

Non chiamateli clienti. Sono solo "aguzzini" di passaggio che approfittano della sofferenza di ragazzine minorenni. Chiamateli piuttosto "stupratori a pagamento"

Minorenni come Happy. Una ragazza a cui la violenza ha tolto anche le parole: non riesce a raccontare tutta la sua storia. Interi pezzi della sua vita restano neri, silenzio.

Cresciuta in una famiglia numerosa di Benin City, in Nigeria, la sua storia ricalca quella di molte, troppe, sue coetanee, convinte come lei a partire con una promessa. Nel suo caso l'impiego in un bar. Affronta la rotta lungo il deserto, in Libia iniziano gli abusi. Quindi il gommone, il salvataggio nel canale di Sicilia, la trappola della rete di contatti che le forniscono tutto, biglietti, documenti, indirizzi, fino all'incontro con la donna che la porta al lavoro. In Germania. È lì che Happy viene costretta a prostituirsi da un'aguzzina che le requisisce tutto, compreso il telefono per parlare con la famiglia. In compenso la porta dal parrucchiere, la istruisce su cosa dire alla polizia per il permesso, l'accompagna in strada, controlla e prende i soldi alla fine dei rapporti.

«Una mattina sono tornata dal lavoro in strada all’alba ed ero sfinita, mi sono messa a letto ma Zainab (la mamam) mi ha svegliata e mi ha costretto con violenza ad avere rapporti con un cliente. Dopo quella volta ho detto che volevo parlare con i miei genitori, che non sopportavo più quella vita, e mi stavo preparando i bagagli per chiedere aiuto a quelli dell’accoglienza, ma lei ha fatto entrare in casa due uomini nigeriani, che hanno cominciato a spintonarmi e a insultarmi. Ho cercato di scappare ma mi hanno presa a calci; mi sono accorta che uno dei due aveva in mano una pentola con acqua bollente, a quel punto mi sono buttata dalla finestra. Mi sono fatta molto male, qualcuno del vicinato mi ha soccorsa ma in ospedale non potevano operarmi perché ero senza documenti. Io per paura non ho raccontato nulla; poi è arrivata la Polizia e mi ha portato in cella. Mi hanno preso le impronte. Avevo molto male perché non mi curavano abbastanza. Dopo due settimane mi hanno accompagnata in aeroporto per rimandarmi in Italia»

È in Italia che ha incontrato i ragazzi di Vie d'Uscita ed è riuscita a cambiare il suo presente. È entrata in una comunità protetta, quindi in un programma di formazione. Grazie ai corsi, ha iniziato a lavorare come stagionale in un hotel.

Bonifica del Tronto. Operazione contro la mafia nigeriana, coinvolto anche un fiancheggiatore italiano

La scorsa settimana una vasta operazione della squadra mobile di Teramo ha eseguito sei misure cautelari. Arrestate 4 mamam e un italiano che affittava gli appartamenti. Una sesta donna nigeriana è sfuggita alla cattura e viene ricercata.

Bonifica del Tronto. Operazione contro la mafia nigeriana, coinvolto anche un fiancheggiatore italiano

Dodici le ragazze nigeriane sottoposte a sfruttamento che sono state liberate e affidate ai servizi sociali

A conclusione di una complessa attività di indagine sulla tratta di esseri umani, lo sfruttamento ed il favoreggiamento della prostituzione ed il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina condotta dalla Squadra Mobile di Teramo diretta dal V.Q.A. Dott.ssa Roberta Cicchetti con il coordinamento della Procura Distrettuale di L’Aquila nella persona del Sost. Proc. Dott. Mancini David e con l’applicazione del Sost. Proc. Dott. Giovagnoni Stefano, la scorsa settimana e stata data esecuzione all'ordinanza applicativa di misura cautelare, emessa dal G.I.P. del Tribunale di L’Aquila, nei confronti di 6 persone con la quale è stata disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti di 4 donne nigeriane e la misura degli arresti domiciliari nei confronti di un cittadino italiano. È ancora da eseguire un'altra misura applicativa della custodia cautelare in carcere a carico di una donna nigeriana al momento irreperibile.

Sei persone sottoposte a misure di custodia cautelare, 5 donne nigeriane e un italiano

I reati contestati a vario titolo agli arrestati sono sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, e riduzione in schiavitù.

Le 4 mamam tratte in arresto sono:

  • Solomon Elizabeth Rashidat nata in Nigeria il 12.10.1978 residente a Martinsicuro,
  • Obanor Vera nata in Nigeria il 01.10.1975 residente a Martinsicuro (TE),
  • Adam Succes nata in Nigeria il 17.06.1987residente a Martinsicuro (TE),
  • Osazuwa Kate nata in Nigeria il 01/04/1984 residente a Monsampolo (AP).

Il destinatario italiano della misura cautelare degli arresti domiciliari per favoreggiamento della prostituzione è Di Sabatino Gerardo nato a Teramo il 03.11.1957 ed ivi residente, rispettivamente proprietario e comproprietario di due degli appartamenti di dimora di giovani prostitute nigeriane.

Dodici ragazze nigeriane salvate

Le indagini, corredate da attività tecniche, sono state avviate dalla Squadra Mobile di Teramo monitorando costantemente la zona della strada “Bonifica del Tronto” allo scopo di interrompere il costante flusso di giovanissime donne nigeriane, reclutate in patria con la promessa di un lavoro in Europa e poi fatte giungere clandestinamente attraverso disperati viaggi lungo la rotta mediterranea, sottoposte a riti woodoo a garanzia del pagamento del debito per il viaggio (pari 25.000 o 30.000 euro) ed, una volta arrivate in Italia, costrette con violenza, minacce a prostituirsi consegnando i proventi a chi le aveva reclutate in patria ed ai loro referenti in Italia.

Nel corso dell’attività investigativa sono state individuate ed identificate ben 12 giovani vittime dimoranti in 5 appartamenti di cui 4 ubicati a Martinsicuro (TE) ed uno a Monsampolo del Tronto (AP) affittate dai rispettivi proprietari alle loro connazionali destinatarie delle predette misure cautelari in carcere.

In particolare, si è accertato che Solomon Elizabeth Rashidat, Obanor Vera e Adam Success sfruttavano la prostituzione delle giovani donne nigeriane ospitate in casa in quanto ne percepivano i proventi ed in molti casi costituivano un vero e proprio terminale di supporto dell’organizzazione nigeriana che ne aveva curato il reclutamento, sottoposte ai rituali juju in Nigeria e quindi il viaggio in Italia.

Si accertava che alcune delle vittime si trovano ancora in una condizione di assoggettamento totale a Osazuwa Kate che le costringe a prostituirsi per estinguere il loro debito, picchiandole e minacciandole di procurare del male ai loro familiari in Nigeria.

Il percorso di assistenza alle giovani vittime ha consentito ad alcune di loro, nel corso delle indagini, a raccontare tra le lacrime, a personale della Squadra Mobile di Teramo, la storia di drammatica vulnerabilità vissuta fin dal momento del reclutamento ad opera dell’organizzazione in Nigeria, a Benin City, con la promessa di un lavoro e di un futuro migliore, fino in Italia.

Ad esempio, si narra specificamente della conduzione del rito da parte di un uomo anziano chiamato Witch Doctor a garanzia del pagamento del debito di 25.000 euro contratto per il viaggio, pena, in caso di mancato pagamento, la sua morte e ritorsioni verso i propri familiari. I singoli casi sono in realtà storie condivise da molte vittime.

Una delle vittime, partita nel marzo del 2016 da Benin City con altre persone, dopo aver attraversato il Niger, arriva a Tripoli 8 giorni dopo. La donna racconta che una compagna di viaggio aveva perso la vita durante il percorso, picchiata per le continue pretese di denaro è caduta dal pick-up, sul quale viaggiavano ammassati.

Dopo essere stata trattenuta per oltre due mesi in abitazioni vicino a Tripoli, in cui vi erano molti altri connazionali in attesa di intraprendere il viaggio verso le coste italiane, la vittima parte a bordo di un barcone dalle coste libiche, arriva in Italia nel luglio 2016. Subito dopo viene “presa in carico” dalla mamam Osazuwa Kate che la costringe a prostituirsi.

Le indagini proseguono

Le indagini proseguono per monitorare fenomeni analoghi che rappresentano una violazione della dignità umana e dei diritti fondamentali, oltre che un mezzo di realizzazione di profitti elevati per la mafia nigeriana, che non può essere in alcun modo tollerato.

Piccoli Schiavi Invisibili 2019. Tratta e sfruttamento sessuale, una ragazza su quattro è minorenne

"Piccoli Schiavi Invisibili 2019", il rapporto Save The Children, nell'Unione Europea un quarto delle vittime è minorenne. In crescita lo sfruttamento sessuale e lavorativo.

Piccoli Schiavi Invisibili 2019, Tratta e sfruttamento sessuale, una ragazza su quattro è minorenne

Secondo il rapporto 'Piccoli schiavi invisibili 2019', le vittime accertate in Italia sono 1.660. I minorenni coinvolti sono passati dal 9 al 13 per cento. Anche sulle 20.500 vittime registrate complessivamente nell'Unione nel biennio 2015-16, più della metà dei casi riguarda lo sfruttamento sessuale, e con un consistente 26% legato a quello lavorativo.

Una vittima su quattro è minorenne

Un quarto delle vittime di tratta in Europa è composto da minorenni e l’obiettivo principale dei trafficanti di esseri umani è lo sfruttamento sessuale, che in Italia è in crescita costante. Le vittime accertate sono 1.660, con un numero sempre maggiore di minorenni coinvolti, cresciuti in un anno dal 9% al 13%.

Anche sulle 20.500 vittime registrate complessivamente nell'Unione nel biennio 2015-16, il 56% dei casi riguarda la tratta della prostituzione, con un pur consistente 26% legato allo sfruttamento lavorativo.

Non si può ignorare il fatto che il fiorente mercato dello sfruttamento sessuale delle minorenni in Italia è legato alla presenza di una forte ‘domanda’ da parte di quelli che ci rifiutiamo di definire ‘clienti’, i quali sono parte attiva del processo

Anche se non rappresenta il principale obiettivo del sistema della tratta, lo sfruttamento lavorativo in Italia è in crescita e nel 2018 gli illeciti registrati con minori vittime, sia italiani che stranieri, sono stati 263, per il 76% nel settore terziario. Il numero maggiore di violazioni sono state segnalate nei servizi di alloggio e ristorazione (115) e nel commercio (39), nel settore manifatturiero (36), nell'agricoltura (17) e nell'edilizia (11).

Piccoli Schiavi Invisibili propone quest’anno al suo interno la graphic novel ‘Storia di Sophia. Una vittima di tratta. Una ragazza’, illustrata dal fumettista Roberto Cavone, che racconta la storia vera di un’adolescente nigeriana.

Sfruttamento sessuale, il 64% delle ragazze proviene dalla Nigeria

Provengono dalla Nigeria o dai Paesi dell’est europeo e dai Balcani le ragazze che sono maggiormente esposte al traffico delle organizzazioni e reti criminali, che poi gestiscono in Italia un circuito della prostituzione in continua crescita. Il numero delle vittime di tratta minori e neo-maggiorenni intercettate in sole cinque regioni (Marche, Abruzzo, Veneto, Lazio e Sardegna) dagli operatori del progetto Vie d’Uscita di Save the Children è infatti cresciuto del 58%, passando dalle 1.396 vittime del 2017 alle 2.210 nel 2018, mentre i Paesi di origine sono per il 64% la Nigeria e per il 34% Romania, Bulgaria e Albania.

Il sistema nigeriano

Il business della tratta internazionale a scopo di sfruttamento sessuale adottato in Italia dalla mafia nigeriana si basa su un sistema che si adatta al mutare delle condizioni.

Un esempio: l’adescamento con la falsa promessa di un lavoro in Italia di vittime nella Nigeria del sud, avveniva in gran parte a Benin City (Edo State), ma sembra essersi spostato più a sud, nel Delta State, anche per ovviare agli effetti di un editto della massima autorità religiosa del popolo Edo, Ewuare II, che nel 2018 ha dichiarato nullo il rito juju, utilizzato dai trafficanti per sottomettere le giovani vittime, disarticolando, purtroppo solo temporaneamente, l’intera rete di controllo.

Le ragazze e le donne nigeriane, giunte in Italia dopo un viaggio attraverso la Libia e via mare dove subiscono abusi e violenze, devono restituire alla mamam, la figura femminile che gestisce il loro sfruttamento, un debito di viaggio che raggiunge i 30mila euro e sono costrette a ‘lavorare’ fino a 12 ore tutte le notti, anche per 10-20 euro a prestazione, raccogliendo dai 300 ai 700 euro al giorno.

"Buona parte dei soldi, sottolinea Save the Children, serve per pagare vitto, alloggio e vestiti, spesso anche per l’affitto del posto in strada dove si prostituiscono (joint), e l’estinzione del debito diventa quasi irraggiungibile

Dalle strade alle Connection-House

I trafficanti hanno inoltre spostato il circuito della prostituzione dai luoghi più facilmente identificabili, come le piazzole lungo le provinciali o le maggiori arterie stradali, verso luoghi ‘meno visibili, il cosiddetto giro walk, come le fermate dei bus o i parchi, oppure all'interno delle case, che in alcuni casi sono connection-house, gestite e frequentate prevalentemente da connazionali, come quelle segnalate dagli operatori in Campania e Piemonte.

Albanesi, bulgare e rumene. Il reclutamento e finti "Lover Boy"

Sulle nostre strade è rimasta costante la presenza di ragazze di origine rumena o bulgara, ma si segnala un aumento delle ragazze di origine albanese. Un ritorno che riguarda anche i gruppi criminali albanesi in Italia, secondi solo a quelli nigeriani.

Il reclutamento delle vittime nei Paesi di origine avviene con metodi sempre più efficaci. In Romania, lo confermano diverse testimonianze, ci sono le ‘sentinelle’ dei trafficanti che individuano in anticipo negli orfanotrofi le ragazze che stanno per lasciare le strutture al compimento dei 18 anni, e mettono in atto un adescamento basato su finte promesse d’amore e di un futuro felice in Italia.

I finti “lover boy che sono affiancati ad ogni ragazza lungo il periodo di sfruttamento in Italia, che può durare anni, esercitano un controllo totale e violento, come nel caso, riportato dagli operatori, di una ragazza rimasta incinta indotta ad entrare in una vasca riempita di cubetti di ghiaccio per indurre l’aborto per shock termico.

Il sistema nazionale anti-tratta adottato nel 2016 non è stato ancora rifinanziato dall'attuale governo

La risposta del sistema italiano di tutela delle vittime è ancora frammentaria “ed è necessario potenziarla spiega il dossier. Lo ha rilevato anche il gruppo di esperti del Consiglio d’Europa che nel 2018 ha condotto una valutazione del quadro normativo e istituzionale nel nostro Paese rispetto all'applicazione della Convenzione Europea in materia.

Secondo Save the Children il primo "Piano Nazionale d’Azione contro la tratta" adottato dai governi Renzi e Gentiloni nel 2016 per tracciare le linee guida del contrasto e della prevenzione ha rappresentato un passo positivo importante, ma è scaduto a dicembre 2018 e non è stato ancora definito un secondo piano dall'attuale governo.

Per quanto riguarda il "Programma Unico di Emersione", che racchiude le misure concrete per l’emersione, l’assistenza e l’integrazione sociale delle vittime, il finanziamento è stato potenziato dall'attuale governo e ammonta a 24 milioni per il triennio 2019-2021.

Vie d'Uscita

L’organizzazione di Save the Children ha attivato dal 2012 il progetto "Vie d’Uscita", realizzato in Marche, Abruzzo, Veneto, Lazio, Calabria, Sardegna e Piemonte. Nel 2018 Vie d’Uscita ha sostenuto 32 percorsi di avviamento all'autonomia di vittime fuoriuscite dal sistema di sfruttamento.

Dal 2016, Save the Children ha poi attivato la "Help-line Minori Migranti" per offrire sostegno a minori stranieri non accompagnati e a chi ha necessità di ricevere informazioni ad hoc, dai familiari dei minori agli operatori delle strutture di accoglienza, dai volontari ai comuni cittadini.

Il servizio, gratuito e multilingue, è attivo dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 17, al numero verde 800141016.

"Piccoli Schiavi Invisibili 2019"

Rapporto Save the Children sulla tratta e lo sfruttamento di minori

Anteprima/Download

Mafia Nigeriana. Sgominata cellula dei Maphite attiva in Emilia Romagna. Svelati i segreti della “Green Bible”

Provvedimenti restrittivi per gli appartenenti al culto 'Maphite', assoggettati a un rigido 'manuale di comportamento', oltre che a un rito di iniziazione codificato nella Bibbia Verde (Green Bible)

Mafia Nigeriana, Sgominata cellula dei Maphite attiva in Emilia Romagna. Gli investigatori della Questura di Bologna mentre danno l'annuncio alla stampa.

Sono 19 i fermi eseguiti dalla squadra mobile della Questura di Bologna, in collaborazione con i colleghi di altre province dell' Emilia Romagna e di Bergamo, in un'operazione contro la mafia nigeriana. Altre due persone che si trovano all'estero saranno raggiunte da un mandato d'arresto europeo. Agli indagati è contestata l'associazione di tipo mafioso.

I provvedimenti restrittivi e una serie di perquisizioni, emessi dalla Dda e dalla Procura della Repubblica di Bologna, colpiscono un elevato numero di appartenenti al culto 'Maphite' (o Green Circuit association), molto diffuso e potente, fino ad oggi rimasto all'ombra rispetto alle altre cosche. Le città coinvolte sono Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma, Piacenza, Forlì, Cesena, Ravenna e Bergamo.

Tra i destinatari non solo i semplici "soldati" ma anche soggetti che ricoprivano un ruolo di primo piano all'interno dell'organizzazione criminale. In particolare: coloro che decidevano le nuove iniziazioni, gestivano la prostituzione, mantenevano i rapporti di forza con le altre organizzazioni criminali e organizzavano lo spaccio di droga nelle piazze cittadine.

L'operazione di polizia ha impiegato più di trecento poliziotti

Così è strutturata la mafia nigeriana

L’indagine, avviata nel 2017, grazie anche alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, ha consentito di ricostruire ruoli, gradi, gerarchie e regole di funzionamento all'interno dell’organizzazione criminale, nonché i diversi reati che hanno permesso all'organizzazione stessa la propria sopravvivenza e il dominio in alcuni ambiti criminali, spaccio di sostanze stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, uso indebito di strumenti di pagamento elettronico, oltre a frequentissimi e violenti scontri con organizzazioni criminali nigeriane contrapposte.

Tipico e conosciuto soltanto dagli adepti il modo di comunicare, i rituali, e un prestabilito modo di ingresso all'interno dell’organizzazione, di affiliazione, rigidissime le regole di comportamento e puntualmente codificate che ripercorrono in parte quelle più conosciute delle organizzazioni di tipo mafioso italiane.

Green Bible. Il codice della 'Bibbia Verde'

La mafia nigeriana aveva un codice chiamato la 'Green Bible'. Un vero e proprio manuale di istruzioni per gli affiliati, nel quale, per esempio, il piano di riciclaggio di denaro nei Paesi di origine era indicato come 'Mario Monti'. Grazie alla 'Bibbia Verde', contenuta in un pacco inviato dalla Nigeria all'Italia e intercettato a Torino, gli investigatori sono riusciti a ricostruire la struttura del clan Maphite, le regole, le cariche e le investiture, i riti di iniziazione, le punizioni.

Il giuramento col fuoco per entrare nel clan

"Giuro di essere leale e fedele all'organizzazione dei Maphite. Se domani deciderò di svelare questi segreti, questo fuoco brucerà me e le cose che mi appartengono; ovunque mi trovi i Maphite mi faranno a pezzi sino alla morte". I nuovi affiliati che entravano a far parte della mafia nigeriana erano sottoposti ad una sorta di rito tribale, prima venivano picchiati dagli altri membri e poi dovevano tenere tra le mani dei pezzi di carta infuocati, per dimostrare il loro valore.

La spartizione dell'Italia tra diverse "famiglie"

Gli investigatori bolognesi sono riusciti a ricostruire la spartizione del territorio delle diverse famiglie che facevano parte del clan Maphite. La 'Famiglia Vaticana', oggetto dell'indagine, egemone oltre che in Emilia-Romagna anche in Toscana e Marche. La 'Famiglia Latino', nell'Italia nord-occidentale, la 'Famiglia Rome Empire', nel centro Italia e la 'Famiglia Light House of Sicily', presente in Sicilia e Sardegna.

Per rappresentare il potere sul territorio ed essere riconosciuti dai loro connazionali, gli affiliati del culto nigeriano Maphite indossavano baschi o abiti con il colore verde.

I rami dell'indagine

L'inchiesta ha riguardato anche il Piemonte, dove sono stati impegnati centinaia di agenti. L'operazione di polizia, che ha permesso di smantellare una cosca della mafia nigeriana, ha condotto all'esecuzione di decine di fermi anche a Torino.

"Simili alle organizzazioni mafiose italiane"

"È la prima volta in Emilia-Romagna, e una delle prime in Italia, che viene contestata l'associazione di tipo mafioso a una organizzazione nigeriana", ha detto il procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato. "Nel corso delle indagini abbiamo apprezzato tutti i tratti caratteristici dell'associazione mafiosa, come l'intimidazione violenta e l'assoggettamento dei connazionali nigeriani. Abbiamo sgominato i vertici e acceso un faro su un fenomeno criminale importante, dotato di una struttura verticistica e di un organigramma che emula le nostre organizzazioni criminali, come la Mafia siciliana e la 'Ndrangheta. L'eroina gialla che in questi mesi ha creato grossi problemi per la salute pubblica e decessi per overdose è un prodotto che viene introdotto sul mercato proprio dalle associazioni criminali nigeriane"

Alla faccia di chi negava l'esistenza della Mafia Nigeriana in Italia
- La Mafia Nigeriana in Italia -

Uccise Anthonia e la gettò nel fiume. La Cassazione conferma 25 anni di carcere, ma lui si è reso irreperibile

Anticipò
in un romanzo l’omicidio di una prostituta nigeriana. Ora è
latitante.

Daniele Ughetto Piampaschet,
uccise Anthonia Egbuna. Condanna a 25 anni confermata dalla Cassazione

Daniele
Ughetto Piampaschet
, uccise Anthonia Egbuna,
nigeriana allora ventenne, e poi gettò il suo corpo nel
fiume Po’. Condannato
definitivamente a 25 anni, è sparito nel nulla
.

Qualcuno lo ha soprannominato lo “scrittore assassino“,
e secondo la Cassazione lo è, visto che lo ha condannato in
via definitiva. Daniele
Ughetto Piampaschet
è accusato di aver
anticipato in un libro i contorni del delitto, che poi avrebbe
commesso. Ora
l’aspirante romanziere torinese è latitante
, non ha atteso le manette
ed è svanito nel nulla
.

Deve
scontare 25 anni di carcere
, ma dal 3 luglio ha
fatto perdere le sue tracce
e le ricerche, fino ad ora,
sono state
senza esito. Il Piampaschet si è sempre dichiarato innocente
per
il delitto della ragazza nigeriana con cui ha avuto anche una breve
relazione.

La
ragazza fu trovata senza vita
, con segni di numerose
coltellate
, il 26
febbraio 2012
sul greto del Po’, nel torinese. Un
particolare già scritto in precedenza da Daniele Ughetto nel
suo
romanzo, e mai pubblicato, ‘La
rosa e il leone’
. Coincidenza
inquietante, che aveva attirato su di lui i sospetti.

Una
lunga odissea giudiziaria

Ma
non tutti negli anni lo hanno ritenuto colpevole
,
infatti la sua è stata una vera odissea giudiziaria. Fu
assolto
in primo grado, poi fu condannato in appello a 25 anni e 6 mesi per
omicidio volontario, era il 2015. Nel 2016 la Cassazione aveva
annullato la sentenza e rinviato il caso alla Corte d’assise d’Appello.
Un via vai dalle aule fino allo scorso 2 giugno, quando è
arrivata la condanna definitiva.

“L’attesa
giudiziaria mi ha cambiato la vita. Ora vivo
in campagna con la mia famiglia. Conduco una vita raccolta, sto
ristrutturando un casolare e continuo a scrivere
“, aveva
detto dopo uno
dei tanti processi. Ma il carcere no, e quando i carabinieri si sono
recati a Giaveno
(Torino)
per arrestarlo, lui non c’era. C’era
però il padre che li ha aggrediti rimediando un arresto per
resistenza a pubblico ufficiale
.

Ora
di Daniele Ughetto Piampaschet non si sa nulla
, il
telefono è staccato, e gli appelli degli investigatori e del
suo
avvocato difensore sono caduti nel vuoto. Chi lo conosce pensa si sia
nascosto in qualche cascinale, magari per scrivere un altro capitolo
della sua vita, cercando di evitare che siano i giudici a scriverlo per
lui.

Lo scorso anni, dopo la condanna in secondo grado,
il
pubblico ministero aveva chiesto l’arresto ma il giudice non
ritenne
fondato “
il
pericolo di
fuga

e il Piampashet rimase in libertà
in attesa della sentenza definitiva. Una motivazione clamorosamente
smentita dai fatti di questi giorni
.

Raccontammo
la triste vicenda di Anthonia nel nostro libro “Storie Vere”

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on line (€4,40)

Ennesima tragedia del Mediterraneo. Si rovescia barcone di fronte alle coste tunisine, 82 migranti morti

Si rovescia un barcone davanti alle coste tunisine. Con il passare dei giorni l'incidente accaduto la scorsa settimana ha le proporzioni di una tragedia. I morti accertati sono 59, i dispersi 23 e nessuna possibilità di trovare ancora qualcuno in vita.

Con Salvini calano gli sbarchi ma aumentano i morti in mare. Statistiche alla mano, uno su cinque partito dalla Libia muore durante la traversata. Nel 2017 era uno su 20.

Tunisia, non abbiamo più parole

È salito a 59 il numero delle vittime accertate del naufragio di una barca carica di migranti africani affondata il 3 luglio al largo della costa tunisina. Giovedì le autorità locali hanno recuperato altri 38 corpi, ha fatto sapere Mongi Slim, capo della Mezzaluna Rossa della provincia meridionale di Medenine, nel sud del paese.

«I corpi di 36 migranti, tra cui una donna, sono stati trovati sulla costa di Zarzis, e altri 2 sulla costa di Djerba», ha precisato all’agenzia turca Anadolu. A questi si aggiungono i 21 corpi rinvenuti nei giorni scorsi.

La barca, partita dalla vicina Libia, si è capovolta vicino alla costa meridionale della Tunisia, nei pressi di Zarzis. «Trasportava 86 persone, tra le quali 7 donne». La guardia costiera tunisina è riuscita a salvarne solo 4.

Al momento risultano disperse in mare ancora 23 persone. Complessivamente nel naufragio sarebbero morte 82 persone. La ricerca continua lungo la costa meridionale per trovare altri corpi.

Fonte: Anadolu

Migranti, con Salvini calano gli sbarchi ma aumentano i morti in mare. “Numeri mai registrati prima”

Nel 2018 il 19,1% di chi è partito dalla Libia non ha toccato riva: uno su cinque. Mentre solo una persona su dieci partite dalla Libia è riuscito ad arrivare in Europa: il 70% di loro è stato intercettato e riportato indietro.

Calano gli sbarchi di migranti sulle coste italiane, ma aumenta il numero di morti o dispersi. Anzi, non ci sono mai state così tante persone inghiottite dal Mediterraneo. Nel 2018 il 19,1% di chi è partito dalla Libia non ha toccato riva.

Uno su cinque. “Una percentuale mai registrata lungo la rotta del Mediterraneo centrale da quando si dispone di statistiche sufficientemente accurate”, afferma l’Ispi, Istituto per gli studi di politica internazionale, che ha elaborato un primo bilancio delle politiche di dissuasione dei salvataggi in mare. Mentre solo un migrante su dieci partiti dalla Libia è riuscito ad arrivare in Europa. Il 70% di loro è stato intercettato e riportato indietro.