Il direttore generale dell'Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus,
ha dichiarato che "è
il momento che il mondo prenda atto dell'epidemia", ma ha
raccomandato che le frontiere con i paesi vicini restino aperte. Finora ebola ha ucciso quasi
1.700 persone in poco più di un anno. Il Rwanda
ha sconsigliato i viaggi 'non
indispensabili' nella vicina Repubblica Democratica del
Congo senza però chiudere il confine.
Cresce
l'allarme per l'epidemia di Ebola in corso nella Repubblica democratica
del Congo. Oggi l'Organizzazione mondiale della
sanità (Oms)
ha deliberato lo stato di 'Emergenza
Internazionale di Salute Pubblica'. La decisione
è stata presa dal Comitato istituito dall'Oms, che si
è riunito a Ginevra per la quarta volta dall'inizio
dell'epidemia nel paese africano, lo scorso ottobre. Ieri il Rwanda,
confinante con la città di Goma,
aveva sconsigliato i viaggi 'non
indispensabili' in Rdc senza però chiudere il
confine.
Nei giorni scorsi il virus è
arrivato per la prima in una grande città della Repubblica
democratica del Congo. Si tratta di Goma
ai confini con Rwanda, dove
ieri è morto il pastore infettato, che aveva viaggiato in
autobus dalla città nord-orientale di Butembo, e dove "i
casi sospetti sono 22 non direttamente correlati a quello del pastore".
I contatti diretti con l'uomo sono stati sottoposti a vaccinazione.
L'Oms
aveva valutato già nel
giugno scorso l'opportunità di decretare lo stato di
emergenza sanitaria internazionale per l'Ebola in Rdc, concludendo
tuttavia che, benché ci fosse "grande preoccupazione, anche
perché la risposta continua a essere insidiata dalla carenza
di fondi adeguati e di risorse umane dedicate", l'epidemia
allora non
costituiva un'emergenza di sanità pubblica di rilevanza
internazionale.
"La
dichiarazione è una misura
che riconosce il possibile aumento del rischio nazionale e regionale, e
il bisogno di una azione coordinata e intensificata per gestirlo"
Ora
a preoccupare gli esperti è
l'espansione geografica dell'epidemia, con i casi che ora
coprono
un'area di 500 chilometri quadrati. "Nessun paese dovrebbe chiudere i
propri confini o porre restrizioni ai viaggi o ai commerci. Queste
misure sono implementate di solito in base alla paura e non hanno basi
scientifiche". La risposta, ha sottolineato il direttore
generale Oms
Thedros Adhanom Ghebreyesus, è stata ritardata anche dalla
mancanza di fondi.
"È
tempo che il mondo prenda
coscienza e raddoppi gli sforzi. Dobbiamo lavorare insieme in
solidarietà con il Congo per mettere fine all'epidemia e
costruire un sistema sanitario migliore. Un lavoro straordinario
è stato fatto per quasi un anno nelle circostanze
più difficili. Dobbiamo a questi operatori un contributo
maggiore"
Fino
ad oggi, a causa dell'ultimo focolaio,
quasi 2.500
persone sono state contagiate in Congo, di cui 1.665 sono
morte. E la situazione era stata giudicata particolarmente
allarmante
già nei giorni scorsi, dopo il primo contagio avvenuto a
Goma, grande città nell'est del Congo.
"Se
l'epidemia si dovesse diffondere in
una città di oltre un milione di abitanti come Goma sarebbe
un vero e proprio disastro umanitario"
Anche
l'Unicef lancia un allerta per la
tragedia che sta colpendo in particolar modo i bambini. In Congo 750
bambini sono stati colpiti dal virus Ebola (31% dei casi) ed il
40% ha
meno di 5 anni. Questa epidemia, ha avvertito Marixie Mercado,
portavoce dell'Unicef al Palazzo delle Nazioni a Ginevra, "sta
contagiando un maggior numero di bambini rispetto alle precedenti. Al 7
luglio, si
erano verificati 750 contagi fra i bambini. Questo numero
rappresenta il 31% del totale dei casi, rispetto a circa il 20% nelle
epidemie precedenti"
I
bambini piccoli, con
meno di 5 anni, sono
particolarmente colpiti e a loro volta stanno contagiando le donne.
Fra
gli adulti, le donne rappresentano il 57% dei casi. Il portavoce
dell'Unicef ha inoltre sottolineato che il tasso di
mortalità della malattia per i bambini con meno di 5 anni
è del 77%, rispetto al 67% di tutti i gruppi di
età. "Prevenire
i contagi fra i bambini deve essere al
centro della risposta all'Ebola", ha affermato. E
c'è anche
un'altra grave emergenza che sta emergendo: "I bambini che sono rimasti
orfani a causa della malattia hanno bisogno di cure e supporto a lungo
termine, fra cui la mediazione con le famiglie allargate che
però si rifiutano di accoglierli per paura di essere a loro
volta contagiati"
Dobbiamo ricordare che l'epidemia
è scoppiata in una zona di guerra, dove scorrazzano bande
armate e le violenze, anche contro la popolazione civile, sono
all'ordine del giorno. Operatori sanitari e volontari stanno lavorando
in condizioni estreme e rischiano concretamente la propria vita per
cercare di circoscrivere il contagio e aiutare la popolazione colpita
dal virus.