Nigeria. L’esercito stupra le vittime di Boko Haram

Rapporto Amnesty International. Per contrastare i terroristi Boko Haram nel nordest, l’esercito nigeriano ha fatto terra bruciata, costringendo le popolazioni dei villaggi in appositi campi e nel centro di detenzione militare di Giwa. Dove, documenta l’organizzazione internazionale,  migliaia di donne, molte delle quali già schiavizzate dai jihadisti, hanno subito violenze sistematiche. Sotto accusa i militari e una milizia alleata.

Nigeria, L'esercito stupra le vittime di Boko Haram.

Sopravvissute alle violenze di Boko Haram, ma non per questo al sicuro. In un rapporto pubblicato qualche giorno fa, dal titolo “Ci hanno tradite”, Amnesty International ha denunciato le violenze sistematiche subite da migliaia di donne nigeriane tra il 2015 e il 2016, e in alcuni casi ancora in atto, nei diversi campi in cui erano rifugiate. Nel report si legge che tali crimini sono stati commessi dall’esercito nigeriano e dalla milizia alleata, Task force civile congiunta (Jtf).

Tra la metà del 2015 è la metà del 2016 una serie di operazioni militari dell’esercito nigeriano nello stato di Borno, nordest della Nigeria, ha portato alla riconquista di diversi territori che il gruppo terroristico Boko Haram, fondato nel 2002 da Muhammed Yusuf, aveva occupato a partire dal 2014. In seguito a tali azioni militari migliaia di persone che vivevano in zone rurali vicine sono state costrette a spostarsi nei cosiddetti “campi satellite”, ovvero aree destinate agli sfollati interni istituite dall’esercito nigeriano nelle zone strappate a Boko Haram.

Queste ricollocazioni sono avvenute spesso con l’utilizzo della forza, e in diversi casi le donne sono state divise dai mariti, confinate nei campi satellite e lì costrette a subire violenze e stupri in cambio di cibo. Numerosi anche i casi in cui donne, una volta schiave di Boko Haram, sono state liberate e successivamente imprigionate in centri di detenzione con l’accusa di aver avuto dei legami con il gruppo estremista, e di conseguenza etichettate come «vedove di Boko Haram»

Amnesty documenta questa situazione attraverso foto, video e oltre 250 interviste fatte tra campi per profughi interni e centri di detenzione tra cui la base militare di Giwa, la principale struttura militare di detenzione nello stato di Borno.

Schema consolidato

Così Amnesty è riuscita a ricostruire uno schema seguito dall’esercito nigeriano e dalla Jtf. Nella maggior parte dei casi, i villaggi sono fatti evacuare come azione preventiva nei confronti di possibili attacchi da parte di Boko Haram, diversi anche i casi in cui l’esercito è ricorso ad evacuazioni forzate radendo al suolo o incendiando i villaggi, come documentato da alcune immagini satellitari.

Dopo l’evacuazione gli abitanti dei villaggi sono sottoposti a interrogatorio per accertare possibili legami con il gruppo terroristico. Nella maggior parte dei casi le donne sono separate dai mariti, i quali vengono trasferiti nei centri di detenzione militare senza alcuna accusa e lì picchiati e tenuti in prigionia. Soprattutto nelle città di Bama e Banki, Amnesty ha documentato uno schema d’azione che consiste nella separazione dal resto dei rifugiati della maggior parte degli uomini in età da combattimento (dai 14 e ai 40 anni), confinandoli nella struttura di detenzione militare di Giwa.

Questa sorte riguarderebbe centinaia se non migliaia di uomini, vittime di violenze sommarie. Diverse donne intervistate hanno raccontato di non aver avuto più informazioni sul marito una volta imprigionato. Questa separazione forzata costringe le donne a badare da sole alla famiglia e le espone alle violenze dell’esercito e della milizia.

Decine di donne hanno raccontato di essere state stuprate nei campi satellite da soldati e miliziani della Jtf e di essere state ridotte alla fame per diventare le loro “fidanzate”, ossia essere disponibili a rapporti sessuali a ogni evenienza.

Cinque donne hanno riferito ad Amnesty International di essere state stuprate tra la fine del 2015 e l'inizio del 2016 nel campo Ospedale di Bama. Una di loro, 20 anni: «Ti davano da mangiare di giorno, poi a sera venivano a prenderti. Un giorno un miliziano mi ha portato il cibo e il giorno dopo mi ha invitato ad andare a fare rifornimento d’acqua da lui. Arrivati nel suo alloggiamento, mi ha stuprata. Poi mi ha detto che se volevo viveri avrei dovuto essere sua moglie». Lo sfruttamento sessuale continua ancora adesso, agevolato da un clima di paura. «È scioccante costatare che persone che hanno sofferto tanto a causa di Boko Haram debbano subire altri abusi», ha dichiarato Osai Ojigho, direttrice di Amnesty International Nigeria.

Governo immobile

Nell’agosto 2017 il vicepresidente nigeriano Yemi Osinbajo ha istituito una commissione d’indagine per esaminare la situazione. Molte donne hanno testimoniato dinanzi alla commissione, che nel febbraio 2018 ha trasmesso il rapporto finale al presidente Muhammadu Buhari. Ora il presidente, che spesso ha dichiarato il suo impegno in difesa dei diritti umani, è chiamato a porre fine all’impunità di esercito e milizia.

Anche Amnesty International ha trasmesso le sue conclusioni alle autorità nigeriane, ma finora non ha ricevuto alcuna risposta. Nel frattempo, il ministero della difesa ha accusato Amnesty International di voler destabilizzare il paese e ha esortato «tutti i cittadini rispettosi della legge a continuare a fidarsi e sostenere l’esercito nella guerra in corso contro Boko Haram»

La lotta contro Boko haram ha causato oltre 2,7 milioni di sfollati e migliaia di morti. Nonostante il governo continui a propagandare la sconfitta imminente del gruppo terroristico, il rapporto di Amnesty dimostra che ancora molto rimane da fare per garantire la sicurezza nel nordest del paese.

Cargo e barconi, così la mafia nigeriana si rafforza in Europa

Diverse operazioni delle unità investigative venete hanno dimostrato quello che, ormai da anni, è un fenomeno criminoso diffuso in modo capillare, traffico di droga e di esseri umani, oltre a sfruttamento della prostituzione, sono le attività della "piovra nera" che a Verona ha una delle sue roccaforti.

Verona, una delle roccaforti della Mafia Nigeriana in Italia

A inizio estate erano stati fermati in stazione a Vicenza una decina di nigeriani. Avevano 15 chili di marijuana e in tasca una richiesta di asilo. Destinazione della droga una tra le tante insopettabili basi di spaccio in città. Provenienza ignota, forse la vicina Verona, la roccaforte della cult Eiye, che ha il controllo del Veneto.

La piovra nera

Solo un mese fa l'ultimo colpo assestato alla mafia nigeriana in una più ampia operazione coordinata dalla procura di Torino che ha visto l'arresto di una trentina di affiliati in diverse città del nord e del centro Italia. In quella operazione a Verona furono arrestati due "capi" del clan dei Maphite.

Ma, come sanno gli inquirenti, si tratta di una piccola goccia nel vasto mare criminale che è sotto il controllo di questa organizzazione altamente verticistica, violenta e senza scrupoli, che negli ultimi 30 anni si è andata sempre più rafforzando in alcuni paesi europei (ma anche oltre oceano), Paesi Bassi, Regno Unito, Francia, Germania, Spagna, Belgio, e ovviamente l'Italia.

Le mani dei boss, che risiedono nei Paesi d'origine, quindi Nigeria, Benin e Ghana, gestiscono miliardi di euro, frutto del traffico di droga e di esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione.

A Vicenza

Il capoluogo berico non è tra le città venete a più alta infiltrazione, che in Veneto si possono identificare in Verona, Padova e Venezia ma, rileggendo le cronache degli ultimi 10 anni, non può non saltare agli occhi come la perecentuale di arresti e fermi tra la comunità nigeriana residente in città sia un dato di fatto importante.

Da quando emerge, la presenza della mafia nigeriana a Vicenza, è legata ai gradini più bassi della struttura, dove il "criminale" è spesso anche "vittima".

Dal barcone alle bici

I piccoli spacciatori nigeriani vengono spesso assoldati nei centri di accoglienza, la mafia del loro paese sembra quasi essere l'unica certezza in terra straniera. L'arruolamento può avvenire anche nei cosiddetti "lager libici" dove numerosi testimoni hanno riferito che tra i più feroci aguzzini ci sono moltissimi uomini nigeriani, oltre ai miliziani locali. Il "responsabile" smista letteralmente i migranti arrivati in Italia con i barconi nelle varie città della rete e dà loro un contatto sicuro.

Si tratta di una persona già da tempo in Italia, quasi sempre con regolare permesso di soggiorno e "insospettabile" Le ragazze vengono indirizzate alle "mamam" che le hanno fatte arrivare in Italia e saranno sfruttate sessualmente, mentre i ragazzi appena arrivati vengono consegnati ai "boys" o capi-zona e sono destianati a diventari spacciatori o corrieri della droga.

Probabilmente è da un appartenente a quest'ultima tipologia che si stavano recando i due arrestati di due giorni fa alla stazione di Verona. Mentre è solo di qualche settimana fa l'arresto, sempre nel veronese, di un 31enne nigeriano trovato in casa oltre 10 chili di marijuana, sulla quale la mafia nigeriana ha praticamente il monopolio, occupandosi sia della produzione che della spedizione via nave. In questi lindi appartamenti avviene il confezionamento della sostanza e ha il via la micro-rete di pony express in bicicletta nelle diverse città venete.

Woodoo, stupri e sfruttamento della prostituzione

Diverso e assolutamente più drammatico quanto emerge sulla condizione delle donne. Reclutate nei villaggi di origine, oltre a dover subire molteplici violenze sessuali nel calvario fino alla Libia, vengono spesso utilizzate come "ovulatrici" al momento dell'imbarco (oltre alla Nigeria, anche la Libia è punto di partenza della droga), per poi subire lo sfruttamento lungo le strade italiane.

Chi ce la fa può diventare "mamam", e passare da vittima a carnefice, salendo la sanguinosa piramide criminale della piovra nera. A Vicenza ne fu arrestata una, con altri sodali, ma, nonostante gli sforzi investigativi dei carabinieri, il giudice non li condannò per associazione mafiosa.

Tutti sono tenuti sotto lo strettissimo controllo dei vertici dell'organizzazione tramite l'attuazione di violente pratiche che si ispirano al woodoo e con minacce reali di ritorsioni nei confronti dei familiari rimasti in patria. Questo aspetto, emerso in numerosi rapporti investigativi europei, è stato confermato dalle drammatiche testimonianze dei primi pentiti.

Gli accordi

Una simile infiltrazione in un territorio come quello italiano dove la criminalità organizzata è tradizionalmente autoctona non può che essere spiegata con dei veri e propri accordi commerciali con l'organizzazione che comanda nelle aree dove la mafia nigeriana vuole fare affari. Rimanendo nel vicentino e nel veronese, la controparte non può che essere stata la 'ndrangheta, responsabile del traffico di droga nel Veneto nord-occidentale ma, ad oggi, questa sfera resta ancora avvolta nel buio.

Il nuovo governo c’è

Le
pillole di
Maris Davis

Il
nuovo governo c’è

E nel nuovo
governo è presente il rosso, il rosso della sinistra, il
rosso della fraternità e dell’uguaglianza, il rosso della
tolleranza, il rosso dell’Amore. Sono felice.

La
democrazia
, il
coraggio
, la
visione
di un mondo migliore
hanno cacciato i “razzisti, gli
spregiudicati e
gli arroganti dai posti di potere. Se ne sono andati quelli del Family
Day
, quelli che volevano la donna umiliata e sottomessa. Sono felice.

Se
ne vanno quelli che

hanno fatto
politica dalle spiagge
piuttosto che dai ministeri di cui
erano
responsabili, se ne
vanno quelli che
per
più di un anno
hanno usato arerei di stato per fare campagna elettorale
, se ne vanno
quelli che
postano
video pieni di odio sui social ogni giorno
, se ne
vanno quelli dei porti chiusi
, quelli che multano chi salva
vite in
mare
, quelli
che hanno voluto smantellare tutta la rete
dell’integrazione
, della protezione sociale e
dell’accoglienza. Sono
felice
.

Persone
lungimiranti
, con una visione
alta della politica, persone disposte a rischiare si apprestano a
guidare un grande popolo, quello italiano, per ridargli quella
dignità internazionale che stava perdendo. Sono felice.

La
Politica
, quella
visionaria e alta
,
quella bella che si mette a disposizione di tutti e non fa solo gli
interessi di parte ha preso in mano la guida dell’Italia che amo.
Grazie.

Il
cammino sulla strada di un mondo
migliore è iniziato
. So che non sarà
facile, ma
so che difficoltà e minacce saranno superate in nome di
quella speranza e di quella visione che merita un grande paese come
l’Italia.

Un grande abbraccio a tutti. Sono
felice
.

(Maris)